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Domani No HubBari, martedì 25 giugno

20 Giu

Anche se non tutti lo sanno, questa storia comincia con un blog. Il mio. I primi capitoli di “Domani No sono stati pubblicati qui, per vedere l’effetto che faceva. Se la storia poteva piacere, come doveva svilupparsi e andare avanti. Mentre io scrivevo (e mentre Gelsorosso approvava e correggeva) Francesco Antonacci e Monica Del Vecchio, assieme a Giusy Ottonelli e Diego Antonacci, davano vita ad un grande progetto. Uno spazio che avrebbe cambiato il modo di lavorare e di intraprendere (termine che prediligo rispetto ad imprendere), a Bari. Nella mia città.

Hub Bari, un innovativo spazio di coworking per innovatori sociali. Un luogo dove trovare ispirazione ed entrare in contatto con altri imprenditori, liberi professionisti, creativi, esperti d’informatica, persone unite dal desiderio di avere un impatto positivo sulla città e sul mondo. Parte di una rete internazionale di bellissimi spazi fisici dove imprenditori, creativi e professionisti possono accedere a risorse, lasciarsi ispirare dal lavoro di altri, avere idee innovative, sviluppare relazioni utili e individuare opportunità di mercato. Vi invito caldamente a visitare il loro sito. 

Martedì 25 giugno, io e Francesco, grazie alla preziosissima collaborazione di Carla Palone e di Gelsorosso, realizzeremo un grande obiettivo. Portare un romanzo, il mio, dentro il The Hub. In un ambiente molto diverso da quello delle librerie ma non per questo meno stimolante. Anzi. Domani No troverà la sua collocazione ideale grazie ad una storia che nasce sul web e dal web prende vita grazie a contaminazioni con il mondo della musica, dei videomaker e dei blogger.

La presentazione, che si svolgerà dalle 18.30 in poi, sarà moderata da Marianna Colasanto di Radioluogocomune (sarò anche loro ospite in radio lunedì pomeriggio dalle 16 alle 17, nel programma Play with us) e sarà un pretesto anche per parlare di Personal Branding, blog e storytelling, l’evoluzione della specie. Come trasformare una passione in un lavoro, o in qualcosa che gli somiglia molto.

Su questo tema si dibatterà anche con:

Fabio Fanelli, Account e copywriter, speaker radiofonico, freddurista e simpsonologo convinto, nonché membro del gruppo Basette Goal.

Danilo Dell’Olio, autore e protagonista di “Non Cresce l’erba“, serie web prodotta da Dinamo Film e poi sbarcata su MTV.

Se volete sapere cosa ci accomuna non vi resta che partecipare alla presentazione di Domani No e scoprire la bellezza e le prospettive del The Hub! E per chi si fermerà dopo la presentazione la possibilità di partecipare al gioco Domani No in Tabula, ovviamente con i protagonisti del romanzo. Almeno ci proviamo.

Vi aspetto.

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Ma tutto questo Alice non lo sa #2 (racconto breve in 5 puntate)

10 Apr

Ti sei perso la prima puntata? Non c’è problema, puoi leggerla subito prima di andare avanti!

La sua bellezza era consapevole, e questa cosa mi ha sempre messo in difficoltà. Come l’inglese. Impararlo era nelle liste delle cose da fare al più presto. Sono un patito di liste di cose da fare. Ogni sera prima di andare a letto stilo un piano di cinque cose da fare il giorno dopo. Pare che funzioni. Almeno con me è così.

«Dovresti sforzarti. L’inglese è importante. Piacere Elis» – allungò la mano affusolata verso di me.
«Erasmo» le risposi, attento a non andare troppo veloce con le parole. Per questo ne scelsi solo una: il mio nome. Bastava e avanzava per creare confusione.
«Che nome è Eresmo?» disse sforzandosi. Il suo pur ottimo italiano non poteva certo permetterle di pronunciare il mio nome in maniera corretta.
«Che nome è Elis? » anche io, in fondo, sapevo essere simpatico.
«Do you know Alice in wonderland
«Vuoi dire Alice nel paese delle meraviglie?»
«Esatto, voi italiani dite così, Aliicce» allungò le vocali e raddoppiò la c cercando di italianizzare il più possibile la sua pronuncia.
«E questo sarebbe il tuo Paese delle meraviglie?»
Si guardò attorno. Ancora una volta sarebbe bastata la sua espressione. Con certe ragazze gli aggettivi e i sostantivi possono considerarsi ridondanti. Un movimento delle spalle, gli occhi, una mano che sfiora i capelli e la risposta è lì, a portata di mano.
«Poteva esserlo, ma non ci conosciamo abbastanza per affrontare questo argomento.»
Mi sedetti sulla panca anche io. Era un po’ che volevo farlo ma sono nato e morirò discreto. Allentò la presa sulla borsetta e la spostò dalle ginocchia al posto accanto a lei sulla panca. Si mise a fissarne la chiusura per un attimo. Alzò gli occhi azzurri, di un azzurro intenso come il cielo d’America, e prese a fissare il soffitto. Poi ricominciò a parlare.

«Non mi hai detto del tuo nome»
«Cosa dovrei dirti?»
«Perché ti chiami Er…» stavolta non riuscì a pronunciarlo e si morse la lingua quasi per scusarsi. Mi disse che aveva conosciuto molti italiani ma nessuno con quel nome. Così mi sentii in dovere di darle delle spiegazioni. Certo del fatto che sarebbero state meno poetiche delle sue.
«Mia madre era una grande tifosa di calcio» sapevo che non potevo chiuderla lì.
«Soccer?» Disse con decisione.
«Football» tentai di restituire dignità al mio sport nazionale.
«Noi americani lo chiamiamo Soccer» non voleva sentire ragioni.
«Soccer – accettai – ecco, mia madre era una grande tifosa di quello sport e quando era in cinta di me – facevo attenzione a parlare piano affinché non dovessi ripetere una storia così imbarazzante, anzi adesso che ci penso mi chiedo perché mi fossi imbarcato in certe spiegazioni sul mio nome – il suo calciatore preferito fu investito da un’auto. Si chiamava Erasmo. E io mi sono ritrovato con questo nome.»
«Una storia molto triste»
«Anche lei non tifa più come un tempo. E quella squadra non è stata più la stessa senza quell’Erasmo lì. Per questo sono molto orgoglioso del mio nome.»
«Anche lei è di queste parti – fece una pausa cercando di indicare con lo sguardo la scritta Fabriano sul fondo blu del cartello della stazione – di questa città, si dice così?»

«No, qui ci sono nato io, lei è del Sud» evitai di dirle da quale città venisse. Sicuramente non la conosceva, e poi non era così importante. Io invece volevo capire cosa ci facesse Alice in un paese dell’entroterra marchigiano. Ad aspettare un treno che non arrivava. Diretto chissà dove poi. Le guardai ancora una volta le mani. Portava braccialetti etnici e un anello sul pollice della mano destra. Le davano l’aspetto di una che aveva girato il mondo.
«Qui non arriva nessun treno, ma se vuoi ti accompagno.»
«Sei molto gentile, ma non sai dove devo andare.»
Esistono momenti, nella vita, nei quali puoi permetterti di fermare il tempo. Altro che il bianconiglio, la fretta, gli orologi da taschino. Io per quel sorriso e per quella parlata leggera avrei fatto qualunque cosa. Anche battermi contro il Ciciarampa. Lei prese la borsa, si alzò e senza aggiungere altro si diresse verso l’uscita.
«Vado in California.» disse.

(…continua)

Ps: ti va di leggere il mio romanzo? Lo sai che su Amazon trovi Domani No? 

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Ti adoro creativa

11 Mar

Lo spot più bello a Domani No l’ha fatto Luna Margherita Cardilli. Non credo ci sia bisogno di molte altre parole, per una volta, su questo blog.

La locandina realizzata da Luna M. Cardilli per Facebook

La locandina realizzata da Luna M. Cardilli per Facebook

I social media sono fatti. Di Persone.

23 Gen

I social media sono fatti di Persone. Non scopro nulla di nuovo, ma spesso nei saggi, negli articoli e nei post di vario genere (dove ovviamente sono tutti esperti di social media che spiegano sui social media come si usano i social media) non viene sottolineato questo aspetto. Non mi ergerò ad esperto e userò un solo termine tecnico: All Line Attitude. Si tratta della capacità di trarre beneficio non solo dalla presenza sul web ma anche live, con partecipazione a fiere, seminari, per toccare dal vivo le novità del settore, stringere relazioni (vere) con gli influencer, in generale raccogliere informazioni sul campo. Un anno fa, al Festival del Giornalismo di Perugia, si parlava con Dino Amenduni dell’evoluzione di questo ruolo. Potrai essere su Twitter o Facebook quanto vuoi, ma niente può sostituire il racconto di un inviato di guerra che “sente l’odore del sangue e le urla di dolore“. L’esempio, un po’ forte, può essere applicato al web. Le relazioni che si stringono sui social diventano “relazioni ad altro valore aggiunto” se si concretizzano in un incontro. L’esempio di Fior di Risorse è lampante. Una community nata su Linkedin, che diventa associazione attiva grazie a dei professionisti che si incontrano, compatibilmente con i loro impegni, in occasioni formali e informali. Eventi, seminari, formazioni ma anche aperitivi, cene, sport. Questo approccio permette ai social di alimentarsi e non rimanere luoghi asettici dove si fa gara a chi ha più follower o like. D’altronde, i Guru (che brutta parola) rinchiusi nella loro torre d’avorio, a me, sono sempre stati sulle palle. E non mi chiedete di moderare i termini. Scrivo questo post per parlare di Persone che ho incontrato sulla mia strada nell’ultimo anno. Nessun bilancio, lo scopo è solo quello di far capire che le relazioni sono appaganti se sono durature, sincere, vere e se si tramutano in qualcos’altro. Tutte queste relazioni hanno in comune un punto. Nascono sul web e diventano real:

Alessandra Vizzi: di lei ho apprezzato subito la grande professionalità unita ad un’incredibile dose di entusiasmo. Alessandra mi piace perchè sa attribuire il giusto valore alle cose, è ottimista nel senso buono del termine. Non forzato. Alessandra è manager, mamma, lettrice di libri, appassionata di musica, curiosa. Ma potete cambiare l’ordine e nessuno si offenderà. Sui social è una bella persona. Dal vivo, lo è di più. Leggera (in senso buono).

Michele Farinelli: preparato, disponibile, sicuro. Con Michele parli a 360° di marketing, di web, di novità. Non si stanca mai. Lavora a tutte le ore, ma sa rispettare gli orari degli altri. Se lo contatti avrai una sua risposta sempre, e subito. Su facebook, su twitter, sulla mail o per messaggio. A volte pure su foursquare. Onnipresente.

Mario Salsano: con lui ci siamo conosciuti, ormai da più di un anno, tramite il più sano dei passaparola. Amico di amici (come direbbe Graziano, un filofilo) siamo passati quasi simultaneamente dal web alla realtà, complice anche la vicinanza. Feste, cene, post scritti e letti, cimeli da commentare. Mario è funder di Etwoo. Non si ferma mai. Ha spirito di iniziativa, voglia di sperimentare, rischia, scommette sulle persone. Potrebbe non far nulla e godersi ciò che ha. Invece no, vuole cambiare le cose. Non è un missionario, è un Visionario.

Francesco Vernelli: tutto è iniziato con una mail. Vieni a raccontare i social media in Università? Si grazie. In comune abbiamo la passione per la tavola. Non si tratta solo di mangiare, ma di apprezzare, fotografare, condividere. Sa gestire i tempi Francesco. Lavora molto e bene ma ama le passeggiate in bicicletta, la birra artigianale, i libri. Possibilmente cartacei. Un onore, per me, averlo conosciuto. Pedalatore.

Luna Margherita Cardilli: cosa posso dire su Luna che non sia banale? Il nostro corteggiamento (non vi preoccupate non ama me, ama Gustavo Lacìola) è durato un anno. Ci vediamo, ci conosciamo, facciamo qualcosa insieme? Mica cose zozze. Alla fine ci siamo conosciuti abbiamo portato avanti insieme due progetti e io ho scoperto una persona che trasmette positività solo a guardarla negli occhi. Lei è social davvero, se lo scrive anche sulle mani. Allline.

Luca Conti: per lui parlano i fatti. Giornalista, blogger, autore, formatore, consulente. A me piace definirlo amico. Sereno, pacato, ha sempre le parole giuste, per questo non le spreca mai. Appassionato, come pochi, di libri e cinema in lingua originale, abbiamo condiviso, assieme a Luca Lorenzetti, molte delle nostre serata con i movie night. Ascoltarlo e frequentarlo è sempre un’esperienza positiva. Luca è un viaggiatore, un osservatore attento, un commentatore moderato. Minimalista.

Veronica Vuoto: la mia prossima editrice, Carla Palone di Gelsorosso, mi aveva detto che poteva contare su una collaboratrice veloce, seria e propositiva. Non mi aspettavo di trovare in Veronica tante altre doti. Lavoriamo insieme da un anno per confezionare Domani No ed è soprattutto grazie a lei se il mese prossimo questo romanzo sarà in libreria. Scrupolosa.

Osvaldo Danzi: io nella vita ho sempre avuto un problema e i miei amici possono testimoniarlo. Non ho mai avuto un cazziatone come si deve. Nè da una maestra, nè da un allenatore, nemmeno da un amico, nè da un capo. Non so si tratta di timore reverenziale o pietismo (qui subentra la mia storia personale) ma ho sempre avuto un gran bisogno di persone “severe“. Ne ho trovate poche. Osvaldo lo è. Mi fa scendere spesso da quel piedistallo che altri mi hanno creato. Non sempre meritatamente. Poi, nel momento del bisogno, c’è. Leader.

Adele Meccariello: ci siamo conosciuti su Twitter. Avevo bisogno di una traduzione. Arriva lei, e da quel giorno ci siamo sentiti tutti i lunedì. In radio. Con lei e con la verità sul pallone mi diverto da morire. Adele è schietta, ha una voce che farebbe invidia a 105 all’una, sa improvvisare e sa far ridere com pochi. Per di più è preparata su tutto, meno che che sul calcio. Ma apprenderà. Leggerla è un piacere, anche sui social. Ascoltarlo ancora di più. Supercalifragilistichespiralidosa.

Giovanni Lucarelli: quando ci parlo penso al film “Auguri Professore“. Lo vedo così, impegnato a portare la cultura (vera) in azienda. Amante della creatività fino all’estremo, sognatore, romantico, formatore, giovane. In tutti i sensi. Il suo sorriso è un biglietto da visita di quelli belli, non ricordo di averlo mai visto imbronciato. I suoi post sono sempre puntuali, incuriosiscono, appassionano. Creativo. Nel senso buono.

Michele Trillini: cho l’ha detto che quando si fa un elenco bisogna arrivare solo a 10? La mia formazione si completa con un commerciale che sa cosa vuol dire stringere relazioni vere, non interessate, sincere. Michele è una bomba a orologeria. Ha idee, le condivide, le presenta. Vuole imparare e sa su cosa lavorare. L’ho conosciuto su facebook, ma fare un giro in macchina con lui e ascoltare la sua storia è molto più divertente. Ambizioso.

Forse ho dimenticato qualcuno, sicuramente ci sarà tempo e modo per altri post come questo. Perchè la vera essenza del social sono le Persone. E io, a queste persone, devo tutto.

I social sono persone

I social sono persone

Domani No – dal romanzo alla canzone

9 Gen

Domani no è una canzone che scrissi, senza impegno, più di dieci anni fa. Un po’ per caso, un po’ per amore, darà il titolo al mio prossimo romanzo. In realtà il libro è centrato su un altro pezzo scritto da me e musicato dai Martin Kleid, Ossessione Onirica. Su quella canzone Ernesto Celi, aka Boavida, costruisce la propria popolarità. Una popolarità di argilla che durerà il breve volgere di un’estate. L’estate del 2001. Ma allora perchè il romanzo si chiama Domani No, direte voi? Beh, per capirlo dovrete aspettare ancora qualche settimana. Intanto potete leggere il testo della canzone. Che poi non si sa mai.

Una canzone per spiegarti che si può ricominciare

filastrocca da cantare la vigilia di Natale,

quando scarti i tuoi regali e ti accorgi all’improvviso

che uno sconosciuto bussa a regalarti il suo sorriso

Mille lettere, parole, scritte ancora sulla neve

che sa quanto ti amo e caso strano non si chiede

che vuol dire esser diversi se mi alzo la mattina

e guardandomi allo specchio dico Stavo meglio prima

Una ballata nella mente dal sapore americano

quei pantaloni vecchi presi usati al mercatino

le tue papere che dicono che sono un assassino

i miei pensieri che si perdono nel rosso di un buon vino

E adesso dimmi quanto tempo aspetterò

se saprò farlo o se domani tornerò

non sono stato mai più solo di così e allora dimmi

che ci fai con quello lì

io ti aspetterò… domani no

Un profilo senza amore, un diario da sfogliare

un uccello che cinguetta ma non sa che cazzo dire

le tue ore spese male a far finta di parlare

circondata da persone con un ego da riempire

Una canzone per spiegarti che si può ricominciare

filastrocca da cantare la vigilia di Natale

quando scarti i tuoi regali e ti accorgi all’improvviso

che lo stesso sconosciuto è andato via senza sorriso

E adesso dimmi quanto tempo aspetterò

se saprò farlo o se domani morirò

non sono stato mai più solo di così e allora dimmi

che ci fai con quello lì

io ti aspetterò… domani no

io ti aspetterò… ancora un po’

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61) Bari – Inter, 16 gennaio 2010 – U Bàr iè fort (?)

20 Dic

Non provate a cercare un biglietto. Non lo troverete. Non provare ad avvicinarvi al San Nicola perchè questa è una di quelle notti in cui si fa la storia. I tifosi lo sanno e i tagliandi vanno a ruba prima ancora di essere messi in vendita. La crisi c’è, ma il barese lo sa che un momento come questo potrebbe non tornare più. Questione di abitudini. Troppe volte è già capitato. Sappiamo la storia, la conosciamo a memoria anche se ogni tanto ci illudiamo che non sia così. Ma è una nenia, e abbiamo imparato a conviverci. Allora tanto vale approfittare. Il girone di andata è finito con il Bari tra le grandi. Battuta anche l’Udinese nel giorno dell’epifania, la sconfitta di Firenze di una settimana dopo (con gol di Castillo che non esulta) è solo un incidente di percorso. Immeritato tra l’altro. Il Bari gioca bene, corre, mette in difficoltà l’avversario, in casa e fuori. Diverte.

Arrigo Sacchi ringrazia in eurovisione Ventura per lo spettacolo e l’organizzazione. Più che la sconfitta preoccupa l’infortunio capitato al giovane Andrea Ranocchia. Il difensore, in odore di convocazione mondiale, dovrà rinunciare a questo sogno. Sei mesi di stop per lui. Il Bari perde il centrale più forte, ma Ventura saprà sopperire con l’organizzazione difensiva e lo spostamento di un giocatore che non voglio più nominare a questa pesantissima assenza.Il biglietto ce l’ho. L’ho pagato, anche se allo stadio potrei andarci gratis, come tesserato FIGC. Ma è meglio non rischiare. Si gioca di sabato sera, il 16 gennaio del 2010. L’atmosfera è elettrizzante. Casse al massimo del volume, telecamere ovunque, la sensazione di essere ad un passo dell’Europa, e non solo per la classifica. Mourinho fa un giro di campo e sembra fare con la testa. Si sa che Josè ama collezionare cartoline dagli stadi, e questo è di suo gradimento. La cornice di pubblico, l’avversario, i colori rendono questa sfide più affascinante di quello che pensava. Per la sua testa passano molti pensieri e sicuramente diverse certezze. Il triplete è solo un sogno, non un’ossessione. E il Bari non è il Barcellona, ma a fine stagione sarà una delle poche squadre a non aver perso contro la corazzata nerazzurra.

Ventura resta fermo, a bordo campo. Raccoglie gli applausi della curva e quelli della tribuna est. Guarda i suoi ragazzi da bordocampo, non dice niente, li osserva come un insegnante di calcio. Chissà se per la sua testa passa il pensiero di un altra notte magica. Era sabato sera e c’era Sky. L’avversario era la Juventus. E fu demolito. Ma questa Inter è un’altra cosa. Lo sanno tutti. C’è Milito, c’è Balotelli, c’è Pandev, c’è Snejider. La formazione fa tremare i polsi. Ma il Bari, all’andata, ha già fatto uno scherzo ai campioni d’italia. Una partita perfetta e un pareggio dolcissimo, come prologo di un campionato indimenticabile. Passano i minuti e l’atmosfera si fa sempre più magica. Parte l’inno, Bari grande amore, e lo stadio cerca la migliore prestazione. Canta a squarciagola. Come se ogni barese, attraverso la tv, volesse entrare nelle case degli italiani a ricordare che sì, ci siamo anche noi e non siamo inferiori a nessuno. Nel Bari manca anche Almiron, ma non si vede. La prima occasione è per Sneijder. Un tiro insidioso che da l’illusione del gol. Il primo brivido. E l’ultimo, del primo tempo.

Alvarez si avventura in diversi uno contro uno. Li vince e va puntualmente sul fondo costringendo la difesa dell’Inter ad affannosi recuperi. C’è da stropicciarsi gli occhi e darsi dei pizzicotti ogni tanto. Per capire se è tutto vero. Da manuale l’azione che al 31′ vede Koman servire Parisi con un no look. Tiro di prima e respinta del portiere. Barreto alterna guizzi brucianti a rifiniture brillanti e solo un grande Julio Cesar evita all’Inter di capitolare nei primi 45 minuti. Quelli che ricorderemo per aver visto una piccola squadra giocare da grande e una grande (per i sacri almanacchi una delle più grandi) giocare da provinciale. L’intervallo ha il sapore del Borghetti e delle caldarroste portate da casa. Siamo a un passo dall’Europa, d’accordo, ma con le nostre tradizioni. Qualcuno tira fuori dallo zaino panini con la braciola con tanto di stuzzicadenti per tenerla arrotolata. Se proprio un giorno arriveremo a giocare l’Europa League (adesso la chiamano così, e noi che sognavamo la Coppa Uefa) vogliamo farlo così. Con i nostri panini, la braciola, gli gnimirridd. Non è questa, in fondo, la vera magia del calcio? Il Bari ricomincia a correre con un ritmo ancora più forsennato. Chi credeva che le energie fossero finite dopo il primo tempo deve ricredersi. Il tempo di una bella punizione di Sneijder. Gillet si allunga e devia in angolo. Come un gatto. Il Gatto di Liegi mette la sua firma sulla partita.

Poi succede che Gazzi lancia Meggiorni che taglia la difesa in due. Cross al centro e mani plateale di Samuel. Calcio di rigore. Meggiorini esulta come se avesse segnato. Io predico la calma. Come al solito. Non riesco mai a godermi qualcosa per intero. Maledetta saggezza. Il minuto è il 15′ e Barreto spiazza Julio Cesar. Delirio. Passano due minuti. Koman legge la sovrapposizione dello scatenato Parisi. Che si beve Lucio come un bicchiere di vodka. Secco. Lucio lo stende e costringe l’arbitro ad assegnare il secondo rigore della serata. Barreto cambia angolo, ma la musica è la stessa. 2 a 0 e stavolta mi sembra davvero di sognare. Lo stadio diventa una discoteca. Si canta (in un inglese discutibile, l’Europa è ancora lontana), si salta e si balla. Barreto mostra a tutti la maglia di Ranocchia. Nel trambusto si sente una voce. Viene dalla curva e resterà nella storia. Dice una frase semplicissima, ma riassume tutti i nostri sentimenti: “Moooo… e chiss so l’ cambiun? E u Bàr c’cos ie?? Uagnù, U Bàr iè fooort!!*” Ecco, avrei voluto fermare il tempo in quell’istante. E forse l’ho fatto. L’Inter di Mourinho era troppo forte per non riprendere in mano quella partita. Un tiro di Balotelli al 23′, una carambola, il pallone che finisce tra i piedi di Pandev bravo a non farsi ingolosire dall’assist a Milito in fuorigioco. 2 a 1. Manca troppo tempo. E infatti 5 minuti dopo Bonucci atterra Pandev. Meriterebbe il rosso, per onor di cronaca. Ma ci va bene. Solo rigore. Che Milito trasforma. 2 a 2.

Adesso un’altra squadra qualunque perderebbe la partita. Invece il Bari reagisce. E Barreto mette Alvarez solo davanti al portiere. Stavolta l’hondurenho si impappina. Sbaglia il controllo e perde l’attimo per la disperazione dei 50.000 del San Nicola. E non è l’ultima occasione. Meggiorini inventa un tiro da fuori insidiosissimo, che per poco non riporta il Bari in vantaggio. Il Bari non concede all’Inter altre occasioni. Mourinho non riuscirà a battere il Bari. Sarà festa, nonostante il pareggio e il sogno accarezzato. Sarà una notte da non dimenticare mai. Uno dei punti più alti della storia del Bari. Torno a casa felice ma un po’ rassegnato. Essere tifosi del Bari vuol dire anche questo. Come quando da bambino, per le feste di Natale, non vedi l’ora che arrivi il gran giorno e poi, il 25 dicembre, sei felice al massimo fino alle dieci del mattino, quando ti ritrovi in camera tua sommerso di confezioni regalo scartate che ti sei goduto per una mezz’oretta e tutto d’un tratto vieni avvolto da un velo di tristezza che a dieci anni, e con una famiglia ancora unita e felice, non ti sai spiegare. Non capisci perché, un secondo dopo essere stato così felice, tu possa essere così triste. La fregatura è che con il tempo impari a farlo e quel senso di vuoto impari a conoscerlo e infine anche a prevederlo. E il giorno in cui riesci a prevedere le tempeste non riesci più a goderti nemmeno la quiete (tratto da Domani no, romanzo in uscita a Gennaio, edizione Gelsorosso)

* trad: “E questi sarebbero i campioni di cui tanto si parla? E il Bari che cos’è? Signori miei, il Bari è forte!”

Prossima puntata: Bari – Juventus, 23 febbraio 1992 

Barreto mostra la maglia di Ranocchia

Domani sì (era ora)

6 Set

Qualche anno fa (parecchi ormai), con l’umiltà che mi contraddistingue e ahimè mi attanaglia, dissi che la parola “scrittore” mi faceva venire l’orticaria. Non è uno scrittore uno che ha pubblicato un libro. Dissi che avrebbero potuto cominciare a chiamarmi così, se proprio ci tenevano, al terzo romanzo. Anche perchè sapevo che non ci sarei mai arrivato. D’altronde uno non sarà mica così scemo da dedicare un anno di notti insonni alla gloria effimera di un racconto. Poi succede che lo fai una seconda volta, e passi. Ma se lo fai la terza sei un pazzo recidivo. Pensavo di essere più sano, mentalmente. Invece no. Prendo atto della mia follia e vado avanti, caro notaio. Ma non chiamatemi scrittore perchè io questa parola non me la sento proprio addosso. Scrivente mi piace di più. Anche se al massimo sono un saltimbanco, un ardito sperimentatore. Solo che adesso devo trovare una nuova scusa. Diciamo che potrete chiamarmi scrittore quando sarà ricco e famoso, così non ne parliamo più. Mi hanno chiesto del libro, e sono mesi che tergiverso. Ho avuto le mie ragioni, credetemi. Il terzo, dicevamo. Si chiama Domani no. Esce a Natale, giorno più giorno meno. Mi sono preso del tempo, ho fatto le mie valutazioni ed ho deciso. Il libro sarà pubblicato dalla Gelsorosso di Bari. Prima di tutto perchè credo nel progetto di Carla Palone. Secondo perchè dopo una casa editrice toscana (grazie) ed una marchigiana, nella fattispecie jesina (molte grazie a tutto lo staff della GEI) credo sia arrivato il momento di pubblicare con un editore della mia città. Che, a differenza mia, la viva questa città. Ci ho riflettuto, e questo passaggio non si può saltare. Il libro è ambientato a Bari, di Bari racconta vizi e virtù, intorno a famosi personaggi baresi si intrecciano la trame del racconto. E Carla ha idee ambiziose, ed è una persona contagiosa oltre che competente e professionale. Dimenticate Edoardo e Gaia, i protagonisti di Ci sono Notti che non accadono mai. Ernesto Celi, in arte Boavida, ha un altro carattere, più timido ma al tempo stesso più orgoglioso. Tony e Ciccio saranno i vostri compagni di viaggio, Maria e Blerina le muse ispiratrici di questo fonoromanzo. E sì, perchè la storia ruota intorno a delle canzoni scritte dal sottoscritto, una di queste, ossessione onirica, interpretata dai Martin Kleid. Allora vi prego di non chiamarmi scrittore ma vi prometto che il libro di uno scrivente non sarà poi così male.

Domani sì (era ora)

Cristiano