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Ma tutto questo Alice non lo da #4 (racconto breve in 5 puntate)

3 Mag

Ti sei perso le prime 3 puntate? La terza è qui.

Ma mio padre tossiva ogni notte, e non gli bastava una passeggiata sul lungomare Vittorio Emanuele II la domenica. Nel giro di 20 anni moriremo tutti, diceva. E la gente gli rideva in faccia, dicendo che nello stesso arco di tempo avremmo fottuto a Bari il capoluogo di regione e Taranto sarebbe diventata la città più importante del Sud, proprio grazie a quella fabbrica. Anzi, che avremmo fatto un culo così pure al Nord. Ma quando nacqui io, una sera, prese mia madre e gli disse che a Fabriano c’era un certo Vittorio Merloni che zitto zitto stava aiutando il padre Aristide a portare avanti una bella fabbrica di lavatrici e cercava operai. E che c’era pure qualche possibilità per le femmine. Partirono. Con il famoso rapido Taranto – Ancona, quello della canzone di Rino Gaetano, Mio fratello è figlio unico. E quella, per loro, resta la più grande rivoluzione. La ribellione estrema. L’atto di coraggio decisivo della loro vita e della mia. Niente lungomare per me, ma entroterra. Il verde in luogo dell’azzurro, e tutto ciò che ne consegue, nel bene e nel male. Ecco perché gli occhi azzurri non mi fanno dormire. Un’infanzia rovesciata, all’improvviso. Alice chiudeva gli occhi di tanto in tanto. La lasciai riposare e continuai a portare avanti i miei pensieri. Nella mia immaginazione Taranto era il luogo dove passare le vacanze estive dai nonni, una villa al mare, un dialetto diverso, l’insegna del Mon Reve, la mia piccola Hollywood. La pizza da Citemmuert, le sciarpe rossoblu in camera, con mia madre che provava invano a trasmettermi una passione calcistica troppo lontana per me, cresciuto con il calcio in televisione. E quello sponsor Ariston, la fabbrica dove lavorava papà, così dicevo con orgoglio a tutti gli amici del mare in estate, che campeggiava sulle maglie della mia squadra del cuore. Non potevo certo perdere tempo con il Taranto. Con De Vitis, Spagnulo e D’Ignazio. Avevo da fare con Platini e Boniek, quelli che indossavano la maglia dell’Ariston. La fabbrica dove lavoravano papà e mamma. Poi lei si svegliò e quei pensieri svanirono nuovamente.

 «A che pensi?» mi domandò Alice.

«Che i miei genitori mi portavano spesso da queste parti, da piccolo.»

«Ti fa commuovere la cosa?»

«No, perché?»

«Hai gli occhi lucidi, ma forse è un riflesso della luna.»

Non era un riflesso della luna. È che io mi commuovo sempre a pensare a loro. Fecero una scelta coraggiosa in un’epoca improbabile, fatta di lustrini e pailettes, di spettacoli televisivi come Drive In e il Maurizio Costanzo Show. In un tempo di promesse e telequiz, gettoni d’oro facili e consigli per gli acquisti. Altro che l’America. Virarono verso una vita di lavoro e sacrificio, in un paese lontano dal loro mondo, prima ancora che dalla loro città.

«Posso chiamarti Alice?» le dissi alle porte di Roma.

«Preferisco Elis. Anche se mio padre avrebbe desiderato Aliicce (lo pronunciò così, forzandolo). Ma io resto americana. Anzi californiana. E se puoi chiamarmi Elis sono più contenta.»

Era affascinante quella storia. Una pronuncia per sua madre, una per suo padre, due suoni così diversi eppure un nome scritto in una sola maniera. Mi accorsi di essere arrivato sul raccordo, ed erano soltanto le tre. Chiesi ad Alice se aveva voglia di dormire visto che avevamo qualche ora a nostra disposizione prima della partenza.

«Non ci riuscirei, e poi non ho abbastanza soldi. Sei stato fin troppo gentile. In aeroporto il tempo passerà in fretta.»

Volevo evitare di sembrare sfacciato, ma non volevo lasciarla andare così, sprecando quel tempo che avrei potuto passare con lei.

«Puoi restare con me fino a domani?» Mi chiese, impulsiva.

E il tempo si fermò ancora. Pensavo fosse la frase più bella che avrebbe potuto dirmi. Poi ne arrivò un’altra, dritta al cuore, a svegliarmi dal torpore delle mie notti così identiche una all’altra.

«Lo faresti l’amore con me adesso?»

Avrei voluto chiedere perché. Cosa le faceva pensare che quella fosse la soluzione migliore per ingannare la notte. Ma rischiavo di rovinare tutto, parlando. Una sola parola e avrei mandato tutto a puttane. E così la guardai e basta, cercai un posto dove fermarmi mentre il cuore mi batteva forte per l’emozione. Non feci trapelare nessuna indecisione. Macchina o albergo a quel punto era uguale, ma la seconda ipotesi rischiava di farmi perdere tempo prezioso. E di farla passare per quella che non era. Accostai. Lei mi saltò addosso e mi sbottonò la camicia. Le sfilai il maglioncino prima, la maglietta poi. A quel punto solo un ultimo ostacolo mi separava dal suo seno prorompente. Che presto mi invitò a scoprire, spostando dolcemente la coppa del wonderbra. La baciai con foga. Le sue mani, le labbra da morsicare, i tatutaggi presenti sul suo corpo candido. Carta bianca per un racconto fatto di simboli e citazioni da portare addosso per tutta la vita. Mentre mi slacciava i pantaloni mi soffermai a guardare il tatuaggio sulla spalla destra. Era strano vedere una pistola su un corpo così leggiadro, accanto ad un volto così angelico. In qualunque altro momento le avrei chiesto il significato di quella pistola, ma mi limitai a tenere alto il livello di eccitazione e a leggere ciò che c’era scritto vicino al disegno “Killing me softly”. Per un secondo solo mi spaventai. Poi le entrai dentro e la sentii gemere. Dolcemente. I suoi capelli sul mio volto, la spalle, e quella pistola che spingevano contro il mio viso. Una, due, tre volte.

«Bravo. Bravo. Sei Bravo» mi diceva.

«Elis» risposi con il suo nome. Il suono più bello del mondo, per lei.

Venni. E cancellai le paure.

(… continua)

ps: forse già saprai che ho scritto anche un romanzo. Si chiama Domani No, se vuoi dargli un’occhiata le prime 30 pagine sono gratis. 

L’ebook è disponibile su Amazon ad un prezzo speciale. 

La lunga notte di Alice ed Erasmo

La lunga notte di Alice ed Erasmo

La verità, vi prego, sul pallone #30

14 Apr

Alla fine un motivo per divertirsi, e restare svegli, lo si trova sempre. Anche se per lo scudetto i giochi sono chiusi da tempo. Voglio partire dal fondo e sovvertire la mia classica scaletta. Quindi inizio dalla zona calda e lo faccio chiedendo scusa ad una squadra: il Siena. Lo so, lo so, che vi aspettate di leggere l’ennesimo panegirico sull’Inter o il mio parere sulla lotta al secondo posto, ma ho parlato troppo poco della squadra bianconera, e credo sia arrivato un momento di dedicarle la copertina.

Quando in passato ho parlato di salvezza l’ho fatto quasi sempre considerando che una tra Genoa e Palermo si sarebbe salvata. La penso ancora così, sarebbe troppo strano vedere queste due città retrocedere contemparanemente. Entrambe erano partite con altre ambizioni, hanno giocatori di categoria e si sono ritrovate in questa situazione drammatica per colpa del loro istintivi (eufemismo) presidenti. Il Siena rappresenta una piccola città e un bacino economico non più così potente. Ma, al netto della penalizzazione di 6 punti, è molto più squadra delle altre due, grazie al lavoro di un allenatore bravo e poco sponsorizzato come Iachini, e di un direttore sportivo, Stefano Antonelli, che ha scoperto quello che può considerarsi la vera rivelazione di questo campionato: lo svizzero Innocent Emeghara. Arrivato dal Lorient dopo essere stato isto in Dvd, ha già segnato 7 gol pesantissimi. Se il Siena centrerà il miracolo salvezza sarà soprattutto merito suo.

Il Genoa è riuscito a pareggiare il derby con la Sampdoria a pochi minuti dal termine grazie ad un gol di Matuzalem. A proposito: è la seconda volta che il brasiliano azzoppa letteralmente un avversario e lo costringe ad uscire dal campo. Brocchi ha quasi dovuto lasciare il calcio, Kristicic ha dovuto abbandonare il derby. Più cha parlare di rigori e fuorigioco, mi soffermerei su questi argomenti. Il modo di giocare di Matuzalem è decisamente ai limiti del consentito dal codice penale e un’espulsione dopo 16 minuti non avrebbe avuto nulla di scandaloso. Il Palermo non fa felici i 30.000 del Barbera accorsi (forse tardi) ad incitare la sqaudra di Sannino. Una papera di Sorrentino, di solito salvatore della patria, rovina la giornata dei rosanero che sembrava iniziate benissimo grazie al gol di Ilicic.

L’Inter crolla a Trieste (Sì Adele, sempre colpa del famoso stadio abusivo costruito sulla riserva di rane) contro il Cagliari. Pinilla si inventa (a detta sua) un rigore ma anche oggi c’è poco da recriminare. Infortuni e decisioni arbitrali avverse arrivano con puntualità e frequenza in una stagione maledetta. Il pesce puzza dalla testa e solo un’eventuale finale di Coppa Italia (mercoledì si gioca il match di ritorno contro la Roma) potrebbe salvare l’annata. Non ho ancora capito se Stramaccioni rimarrà o no, ma conoscendo Moratti non credo confermerebbe un allenatore che resta fuori dalle prime sette posizioni. Mi piacerebbe molto che tra i nomi dei possibili sostituti ci fosse quello di Paolo Di Canio che, discutibili simpatie politiche a parte, meriterebbe una chance in Italia dopo aver trovato l’America in Inghilterra.

Bene la Roma che batte il Toro ritrovando il gol di Osvaldo (dopo 77 giorni) e l’ennesima prodezza di Lamela, male Legrottaglie che in settimana ha scagliato una Bibbia in faccia al compagno Biagianti reo di aver esagerato con le bestemmie, benissimo l’Udinese che magari non raggiungerà l’Europa ma anche quest’anno ha realizzato il suo piccolo grande capolavoro calcistico. Guidolin ha detto che resterà a vita a Udine, se non come allenatore, come direttore sportivo. Peccato perché sarebbe stato bello, e giusto, vederlo su una panchina più importante, con tutto il rispetto. Ma la sua è una scelta di vita e non so se è un caso che anche Totò Di Natale ne abbia fatta una simile, dicendo no alla Juventus qualche anno fa. Evidentemente in Friuli si sta bene.

Chiudiamo con la testa. Non cambia niente al secondo posto e l’occasione la perde il Milan. Settimana scorso avevo pronosticato il pareggio e pareggio e stato. Confermo che il Milan mi sembra un po’ più sulle gambe e il Napoli in ripresa. Tanto che Cavani prima e Armero poi sprecano il colpo del ko, in tutti i sensi. Lotta per il secondo posto ancora aperta, ma questo è più di un pass, per il Napoli. Stasera si giocherà Lazio – Juventus (ormai il Monday Night è un classico). Vedremo come la capolista reagirà alla batosta europea. Per me, alla Conte, quindi da prima in classifica. Ma attenzione perchè la Lazio ha già giocato tre volte contro i bianconeri e non ha mai perso. Prevedo pareggio.

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La verità vi prego sul pallone #26

17 Mar

Io ci ho provato in tutti i modi. Ma la verità è che questo campionato è di una noia pazzesca. Sicuramente non lo è per gli juventini, non me ne vogliano. C’è un dato però che deve far riflettere: siamo in buona compagnia, i quattro principali campionati europei sono già terminati, e siamo solo a Marzo. Barcellona, Manchester United e Bayern Monaco hanno rovesciato le gerarchie dell’anno passato che vide trionfare, rispettivamente, Real Madrid, City e Borussia Dortmund. La Juventus si è invece confermata, legittimando quello che si può già definire un ciclo. La macchina di Conte è oliata alla perfezione, non perde un colpo, non si distrae, supera gli ostacoli con apparente e disarmante facilità. Il Bologna per esempio veniva da quattro risultati utili consecutivi, ma nessuno se n’è accorto. Campionato chiuso, in vetta.

Curioso che ci si trovi a fare questo tipo di bilanci quando in molte città d’Europa (comprese Genova e Torino) nevica e molte partite si giocano su terreni ghiacciati come quello dell’Olimpico di Torino dove sembra che si stia giocando Zenit – Rubin Kazan più che Toro – Lazio. Altrettanto strano che l’unico campionato (tra i grandi del continente) non ancora chiuso sia quello francese, dove tutti si aspettavano che il Paris Saint Germain facesse mambassa di punti e avversari e invece ha finito per specchiarsi su se stesso e sottovalutare più di una partita. Non in Champions, dove la squadra di Ancelotti trova la sua dimensione naturale e sfiderà il Barcellona ai quarti.

Non posso fare a meno di tornare su quanto avvenuto al termine del sorteggio, con Leonardo che chiede alla sua compagna Anna Billiò, inviata Sky, di sposarlo. Dopo tanti pareri attendo quello della mia socia radiofonica Adele Meccariello. Nel frattempo io mi limito a citare Selvaggia Lucarelli: gli uomini come Leonardo non dovrebbero esistere perché poi vuoi uno così, mica gli scialbi che ti mandano la buonanotte su wathsapp. A voi, donne, l’ardua sentenza. Tra il romanticismo, l’esibizionsimo e il maschilismo il confine è spesso sottile. Ma io sono qui per parlare di serie A, mi si dirà.

Ma non è colpa mia se il Napoli torna a vincere e Cavani a segnare dopo 8 partite e fa il gesto della paperella per mettere a tacere le malelingue, ree di averlo accusato di essersi distratto con qualche indigena di troppo. Lui sposato, lui ragazzo casa e chiesa, lui padre di famiglia, non ha gradito molto. Mazzarri se l’è vista brutta, ma porta a casa una vittoria importante più in chiave secondo posto che in ottica scudetto. Anche perché il Milan dimentica subito Barcellona battendo il derelitto Palermo (adesso Zamparini che fa? Cambia il sesto allenatore?) grazie al giocatore che più di tutti è mancato al Camp Nou: Mario Balotelli.

Bene la Fiorentina che non molla un centimetro, benissimo il Catania che si rimette a correre grazie a quel meraviglioso talento che è Gomez: habemus Papu, dovevo dirlo. Mentre scrivo il Toro ha appena battuto la Lazio conquistando praticamente la salvezza. Ora sono curioso di vedere le mosse della società. I numeri dicono che i secondi anni di di Ventura sono molto rischiosi. Certo qui saremmo al terzo, ma non mi sorprenderebbe un cambio tecnico, nonostante l’ottimo lavoro di mister Libidine che finalmente, dopo tanti anni che ci provava, ha potuto contare su Alessio Cerci. Scommessa vinta per entrambi, soprattuto per il talento del vivaio della Roma che approda finalmente in nazionale. Ne parlavo, in questa stessa rubrica, qualche mese fa.

Vince anche la Roma, che raggiunge Inter e Lazio. È vero che i nerazzurri hanno una partita in meno, ma una di loro rischia seriamente di finire il campionato fuori dalla zona Europa. Altro che sogni di gloria. Da sottolineare la tredicesima rete di Lamela. Non conto gli assist, dico solo che il ragazzo ha 21 anni, ed è un campioncino bello e fatto. Complimenti a chi l’ha pescato, ci troviamo di fronte ad uno dei giocatori più forti del calcio europeo, in prospettiva. E non solo. Sono sicuro che nessuno, all’Inter, si è disperato per il rinvio di Genova. Sia lodato il prefetto. La squadra, dopo l’eccezionale rimonta (mancata, di un soffio) di giovedì, era stanca e un po’ triste. Chissà che questo rinvio non sia l’occasione giusta per staccare la spina, dimenticare le delusioni, e ripartire per la volata finale.

Sempre perché siamo a Marzo, ma è come se fossimo a fine campionato, prendo atto che abbiamo già i nomi delle tre squadre che andranno in B. A meno di clamorosi miracoli Siena, Palermo e Pescara saluteranno la serie A a fine stagione. Mi auguro di essere smentito, se non altro perché mancano ancora due mesi. Altrimenti di cosa parliamo io e te, Adele, da qui all’ultima giornata? Di gossip?

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La verità, vi prego, sul pallone #21

11 Feb

Poche vittorie in questa giornata, ergo chi ha vinto ha fatto un bel balzo in avanti. La Juventus per esempio. La partita non era affatto scontata, alla vigilia di un impegno importante. Va da sè che la Juve avesse tutto da perdere e invece i bianconeri hanno chiuso la pratica Fiorentina con sorprendente semplicità. Dopo turnover vari Conte sembra aver trovato la coppia d’attacco ideale. Se Vucinic è estro, Matri è (divenuto) concretezza. Per di più in un momento di grazia, visto che segna anche senza scarpa. Se ci mettiamo che Pirlo sbaglia un passaggio ogni 70 e Barzagli, da quando è tornato in Italia, avrà commesso in tutto 3 errori, ecco a voi la capolista.

La pratica Champions League è molto più che alla portata. Il Celtic non sembra un ostacolo insormontabile per questa Juventus formato Europa. Un po’ per il valore tecnico, molto perchè l’assenza forzata dei rivali storici dei Rangers ha ridotto il campionato scozzesse a qualcosa di più di un allenamento. Non è di certo l’Inverness seconda in classifica, famosa più per il mostro di Loch Ness che per la storia calcistica, a poter misurare settimanalmente la forza dei cattolici di Glasgow.

Il Napoli pareggia una partita difficile. Sotto di un gol (un gran gol del sempre più importante Floccari) e in difficoltà di gioco riesce a restare aggrappato alla partita grazie anche ad una discreta dose di fortuna e alla fine pareggia con una prodezza di Campagnaro. Certo, il punto lo fa scivolare a meno 5 dalla capolista ma un pareggio in casa della Lazio ci può stare eccome. Non inganni la classifica e la forza della Juventus. Il campionato è aperto e lo sarà almeno fino a venerdì 1 marzo, data in cui si giocherà lo scontro diretto, al San Paolo. E su un campo difficile come quello dell’Olimpico la Juventus dovrà andarci due volte, quindi ci andrei piano con le sentenze definitive.

Certo è che sulla sponda giallorossa non se la passano proprio bene. Se il buongiorno si vede dal mattino, quello del nuovo tecnico Andreazzoli si preannuncia travagliato. Chi pensava che sarebbe bastato togliere dalla naftalina Stekelenburg e De Rossi, stare più attenti alla fase difensiva e cambiare gli orari degli allenamenti dovrà ricredersi. Ma è presto per giudicare un lavoro appena iniziato. Quello che preoccupa è semmai la tracotanza con la quale Osvaldo toglie dalle mani, anzi ai piedi, di Totti un calcio di rigore per passarlo al portiere avversario. Non si era detto che c’era bisogno di regole? Da quando gli interessi personali “Per me è stata una settimana difficile” – dirà l’italoargentino a fine partita – vengono prima di quelli della squadra? C’è tempo per rimediare ma urgono subito chiarimenti. Brava la Sampdoria, in ogni caso. Delio Rossi è stato talmente bravo a rilanciare i blucerchiati che, nonostante la recidività, sorvolerei sul gestaccio a Burdisso. Se il giudice sportivo non sorvolasse sarebbe però cosa buona e giusta. Il gesto è volgare e merita una sanzione in termini di giornate di squalifica, non una lezione sul galateo.

Benino l’Inter. Siamo lontani dal bene bene del girone d’andata nel quale Stramaccioni si atteggiava a Yuppie. Ma il ritorno di Milito coincide (gurda il caso) con un gol e con una vittoria. La discreta prestazione dei nerazzurri assume un valore fondamentale in una giornata dove, come si diceva, tra le prime vincono solo in due e una di queste è L’Inter. Che rimette la freccia sul Milan e lo sorpassa. Sarebbe un gran bel duello questo per il quarto posto se solo il quarto posto valesse qualcosa. Ma in fondo la Lazio è lì ad una lunghezza e allora sì che ci si gioca una stagione. Il mezzo passo falso del Milan è fisiologico. Dopo la rimonta ci sta rifiatare. Certo è che quando Berlusconi fa una battuta (?) sul suo allenatore dicendo che El non capiss un cass non fa il bene della squadra. Che poi non ho inteso perchè l’abbia detto in dialetto veneto e perchè l’uso di quest’ultimo dialetto avrebbe dovuto trasformare la constatazione in battuta. A pareggiare ci pensa, tanto per cambiare, Balotelli. Procurandosi e trasformando un calcio di rigore. Infallibile.

Mi piace il Siena di Iachini. Forse non riuscirà a salvarsi (è ancora ultimo) ma intanto siamo al quarto risultato utile consecutivo e sono sicuro che il mister venderà cara la pelle fino alla fine. Come farà il Pescara. E come dovrebbe iniziare a fare il Palermo di Malesani che ha accettato una sfida difficile ma non impossibile. La squadra c’è e a memoria credo che l’impresa di Bologna (senza una società e con Di Vaio a pagare gli stipendi ai compagni) sia stata più complicata.

Mi sia consentito un salto in Sud Africa dove si è giocata la finale della Coppa continentale. La Nigeria ha battuto la Burkina Faso e si è aggiudicata il trofeo dopo 19 anni. Non un’eternità ma se pensiamo che questo ventennio ha visto la Nigeria come la massima espressione del calcio africano e che il titolo è arrivato proprio nell’anno in cui questa nazionale ripartiva quasi da zero, ecco spiegata la magia del calcio. Un calcio primordiale, passionale, quasi religioso, quello africano. Giocatori che piangono, giocatori che pregano, tifosi che ballano. Una nazionale come la Burkina Faso che rappresenta una delle economie più disastrate del mondo, che arriva in finale. In fondo è il bello di questo sport. E poco importa che mai si sia avverata la profezia di chi, dopo l’exploit del Camerun a Italia ’90, disse che nel giro di 10 anni il calcio africano avrebbe dominato in tutte le competizioni. Ne sono passati quasi 25 di anni e nel frattempo ci hanno provato la Nigeria, il Ghana, il Senegal e la Costa d’Avorio. Ma nessuna di queste nazionali è riuscita a mantenera la promessa. Chissà perché.

Nigeria campione

La verità, vi prego, sul pallone #20

3 Feb

Futili considerazioni politiche a parte il ritorno di Balotelli nel campionato italiano è sicuramente la notizia della settimana. Super Mario atterra a San Siro con tanto di Balo Sky Cam pronta a seguirlo in ogni zona del campo. Il suo impatto è devastante, e non solo per i due gol. Striscioni, creste, Berlusconi sorridente in tribuna e l’intesa con El Sharaawi e Niang, compagni di capigliatura. Se Pellegatti l’ha già ribattezzato Django, i dirigenti dell’Inter si stanno mordendo i gomiti. Certo, Mario è quello che nella serata più bella della storia neroazzurra recente ebbe l’ardire di gettare la maglia a terra facendo imbestialire l’intero stadio e i senatori della squadra, Zanetti e Cambiasso su tutti. Cederlo (a quella cifra) non fu un cattivo affare, dal punto di vista economico.

Ma quando vendi, a soli 20 anni, uno dei più grandi talenti del calcio italiano, devi mettere in conto che questi, un giorno neanche troppo lontano, possa tornare, segnare ed esultare (la notizia vera è questa). Nulla a che vedere con Ronaldo e Ibrahimovic. La storia di Balotelli ricorda molto di più quella di Christian Vieri, ceduto giovanissimo dalla Juventus all’Atletico Madrid e poi riacquistato dalla Lazio qualche anno dopo. Più forte, più maturo, più cattivo. Se l’attacco del Milan crea, la difesa disfa. Ma nonostante ciò, non sfugge ai rossoneri l’impresa dell’aggancio alla derelitta Inter che solo 3 mesi fa aveva 13 punti in più.

Dilapidati punti, dilapidate le certezze. A Siena la squadra si scioglie nonostante i nuovi rinforzi (?) e per la prima volta la posizione di Stramaccioni sembra a rischio. Non credo se ne parlerà prima della fine della stagione, ma l’effetto entusiasmo sembra svanito e gli schemi non si sono mai visti se non nel secondo tempo di Torino contro la Juventus. Che ricomincia a correre proprio nel giorno in cui Antonio Conte torna a respirare l’aria degli Sky Box. Matri e Liechtsteiner chiudono una pratica tutt’altro che agevole, e rispondono al Napoli che sabato sera aveva agganciato la vetta. Adesso sembra evidente che le squadre che si contenderanno il titolo sono solo due. La Lazio perde la seconda partita di fila e saluta la compagnia. Curioso che la flessione della squadra di Pektovic sia avvenuta proprio dopo la conquista della finale di Coppa Italia. A Genova la beffa arriva a tempo scaduto. Per la cronaca, il nuovo allenatore del Genoa Ballardini ha fatto, in due partite, meglio dei suoi predecessori nel resto del campionato. Non era difficile ma complimenti.

Fa notizia la sconfitta della Roma in casa contro il Cagliari. Sconfitta che costa la panchina a Zeman. A mio parere il boemo ci ha messo molto del suo. A parte il caso De Rossi, il balletto dei portieri ha finito per rivelarsi controproducente e non è un caso che proprio un errore di Goicoechea abbia dato il la alla vittoria dei sardi. Viene da chiedersi però cosa ci si aspettasse davvero da Zeman e perché continuino a pagare gli allenatori e non i dirigenti che da due anni li scelgono (sbagliati) parlando di progetti che non esistono. Viene da pensare, comunque, che difficilmente a Zeman ricapiterà un’altra occasione come questa. La mia idea è che presto Zdenek tornerà ad allenare e far divertire, ma mai più in una grande. Inutile accanirsi contro il destino avverso, i fatti dicono che il boemo si trova meglio con ragazzi affamati che con checche isteriche e viziate. E non è detto che questo sia un demerito. Ci sono i grandi gestori, i grandi allenatori, i grandi motivatori e i maestri di calcio. Zeman, a mio modesto parere, ha solo quest’ultima (romanticissima e forse anacronistica) caratteristica.

Fonti autorevoli mi dicono che anche Gasperini, a Palermo, è giunto ai saluti. Probabile l’arrivo di Pasquale Marino. Doveroso un salto fuori dai confini della serie A. In Coppa d’Africa fanno notizia le lacrime di Drogba per l’eliminazione della sua Costa d’Avorio. Il suo pianto la dice lunga: Didier ha vinto tutto quello che poteva vincere, ma non la Coppa che più di ogni altra avrebbe voluto. E forse questa era davvero l’ultima occasione. Ma oggi la palla è anche ovale. Nel pomeriggio l’Italia ha sconfitto la Francia nel 6 nazioni. Già di per se battere i francesi è una soddisfazione persino a tressette o a bocce. Farlo nel rugby, dove erano strafavoriti, ci avvicina ulteriormente a questo bellissimo sport. Mentre scrivo sta per iniziare il Superbowl. Nonostante la palla ovale, un’altro gioco rispetto al rugby. In grado di fermare però, per una notte, un continente intero, vendere spot da 3 milioni di euro e far esibire Beyoncè. Baltimore Ravens e San Francisco 49ers si giocheranno l’ambitissimo titolo. Ad allenarli due fratelli: John e Jim Harbaugh. Quanto è piccolo il mondo, anche quando il pallone non è rotondo.

Mario Balotelli Milan

La verità, vi prego, sul pallone #19

28 Gen

A Napoli non stanno più nella pelle. Il che è molto pericoloso, conoscendo l’ambiente. Mazzarri dovrà lavorare da pompiere da una parte, cercando di non far divampare troppo l’entusiasmo dei tifosi e della città, e da incendiario dall’altra, cercando di approfittare della crisi nervosa che ha colpito (non per la prima volta) Conte e Marotta dopo la partita contro il Genoa. Le polemiche non ci interessano, i veleni meno che mai. Come diceva Vujadin Boskov rigore è quando arbitro fischia. E l’arbitro di Torino non fischia nè in un area, nè nell’altra. Piuttosto mi soffermerei sul fatto che la Juventus produce molto e segna poco. Le punte sono tante e i giocatori che risolvono le partite sono pochi. Anche Vucinic sembra appannato. E stavolta Conte subisce anche il gol dell’ex da Borriello, che non esulta nonostante i fischi (ingenerosi) che i suoi vecchi tifosi gli riservano. Da domani si aggregerà al gruppo il nuovo acquisto Anelka. Dieci anni fa se lo contendeva mezza Europa. Il carattere gli ha giocato brutti scherzi, come quando disse che non avrebbe mai cantato la marsigliese e che nella nazionale francese la colpa veniva scaricata sempre sui neri e mai sui bianchi alla Gourcouff. Ma questo è il passato. Oggi gente come Carlo Ancelotti parla di un grande professionista. Bisognerà valutare la forma di un giocatore che viene dal campionato cinese, non il più competitivo del mondo, ed ha 34 anni, non più 24 come quando aveva un caratteraccio.

Il Napoli si diceva. La vittoria degli azzurri è fondamentale perchè arriva dopo un passo falso (stavolta intero, non mezzo) della Juventus e in un turno che sulla carta sfavoriva la squadra di Mazzarri. Che ha avuto anche la forza di tornare in vantaggio dopo essere stata raggiunta e per di più sul campo dell’unica squadra imbattutta in casa. Confermo le mie impressioni sul Parma ma credo che, al netto della bellissima prestazione di Cavani e compagni, non sia un caso che la prima sconfitta arrivi dopo la cessione di Zaccardo, un giocatore troppo sottovalutato e per molti famoso solo per aver segnato un autogol al Mondiale del 2006. Il Milan, a parer mio, ha fatto un ottimo affare a comprarlo. Donadoni si riorganizzerà, ne sono sicuro. Ora che il Napoli è a meno 3 il più grande errore sarebbe quello di nascondersi. Anche perchè, in questo campionato livellato verso il basso due campioni come Hamsik e Cavani non li ha nessuno.

Lo scontro diretto si gioca al San Paolo tra qualche settimana. La Juve andrà anche a San Siro, all’Olimpico (due volte) e dovrà fronteggiare un febbraio tremendo, con il ritorno della Champions. La Lazio si è suicidata. Prima o poi la striscia positiva doveva interrompersi, succede quando sei in rimonta, certo è che la sconfitta contro il Chievo brucia e adesso si diventa meno credibili a parlare di scudetto. Certo che la Lazio senza Klose è una mezza squadra, e non solo perchè non segna. Nelle ultime 10 giornate è il Milan la squadra che ha fatto meglio. Ad Allegri i miei complimenti. Ha saputo resistere, raddrizzare una squadra allo sbando facendo scelte coraggiose come il sacrificio di Pato e Robinho, ha lanciato dei giovani (Niang su tutti), ha richiesto giocatori utili come Zaccardo e si è rimessa in scia. Non vincerà lo scudetto e forse uscirà agli ottavi di Champions (il Barcellona è troppo forte) ma può arrivare terza e questo sì sarebbe un miracolo da parte di Allegri.

Delude ancora l’Inter. Con un centrocampo senza fantasia e con uno schema solo: aspettare la fiammata di Guarin. Cassano accende la luce a sprazzi e per il resto lo spettacolo lo da il Bari, pardon il Torino, con un Meggiorni strepitoso. La sua cresta è più discreta di quella di El Sharaawi ma il ragazzo farebbe la fortuna di molte squadre con i suoi movimenti. Ventura lo sa bene. La Roma e la Fiorentina fanno a gara a chi perde più occasioni. I viola non possono pensare di arrivare in Champions League senza un centravanti, ma soprattutto senza un portiere. Ma siamo sicuri che Neto sia più affidabile di Viviano? Intanto complimenti al Catania, che arriva a 35 punti e si conferma un laboratorio interessantissimo di squadra europea, non solo italiana. Una squadra che cambia allenatori, giocatori, addirittura DS (pochi si sono accorti che Lo Monaco è andato via) ma mantiene un’identità fortissima. Il merito è di Pulvirenti e di alcuni dirigenti che lavorano nell’ombra per portare in Sicilia giocatori come Gomez e Castro e rigenerare vecchi marpioni come Legrottaglie. A loro la mia copertina. Meritata.

Stupisce ancora Icardi. Il giovanissimo attaccante della Sampdoria segna 4 gol ed entro un paio di settimane deciderà se giocare nella nazionale argentina o in quella italiana. Una cosa è certa: ci troviamo di fronte ad un talento vero, purissimo. Pare sia anche un ragazzo con la testa sulle spalle, nonostante i 19 anni. E difficilmente resterà a Genova un altro anno. Chiudiamo con una parentesi sul calcio internazionale. Ogni domenica un dirigente del Galatasary si sveglia e compra un top player. Oggi è il turno di Drogba. Lo voleva la Juve, lo voleva il Milan, e alla fine è andato in Turchia. A Istanbul sognano in grande. Credo sia lo specchio di una nuova economia. Chi l’avrebbe mai detto.

L'esultanza di Legrottaglie

L’esultanza di Legrottaglie

La verità, vi prego, sul pallone #18

21 Gen

La crisi aguzza l’ingegno. E se permettete aiuta i talenti. In passato succedeva negli altri campionati d’Europa, Inghilterra e Germania in primis. In Italia no. Perchè qui i giocatori dovevano essere pronti, maturi e arrivati. E i giovani erano costretti ad aspettare il loro momento in panchina o andare in prestito in provincia. La morale è che la fuga dei campioni ha permesso di scoprire nuove preziose risorse. Non tutto il male viene per nuocere. Basta rendersi conto della nuova dimensione. Quello italiano è un campionato come tanti. Non fa più notizia che un irascibile genio svedese vada a giocare in Francia o che un talentuoso quanto capriccioso olandese trovi il suo nuovo Eden in Turchia, a Istanbul. Ci tornerò.

Quello che è certo è che giocatori come Pogba, Nyang, lo stesso Benassi e Livaja, hanno una grandissima possibilità di mettersi in luce. Il potente centrocampista della Juventus ha già incantato tutti. I suoi due gol (incredibile il primo) spaccano la partita contro l’Udinese e forse il campionato. Nell’eterno inseguimento tra anti-juve che ci guadagna, a domeniche alterne, è sempre la Juve. Certo nessuno si aspettava questo impatto sul campionato da parte di cresta gialla Pogba, un giocatore abilmente strappato dalle grinfie del Manchester United e che adesso può davvero rapprensentare il futuro della Juventus. Di certo, il futuro, lo rappresenta Nyang per il Milan. Il ragazzo ha stoffa, numeri e personalità. Al netto dell’incredibilie episiodio della guida senza patente con relativa bugia alla pattuglia sulla sua identità (disse di essere Traorè), giova ricordare che l’attaccante senegalese ha solo 18 anni. Una cosa è certa: oggi quel poliziotto lo riconoscerebbe subito. Poco non è.

Si è parlato di lui, si è parlato di El Sharaawi eppure al Milan si continua a vociferare di un possibile arrivo di Kakà e Balotelli. Considerato che non potrebbero neanche giocare in Champions, il mio parere, romanticismi e dispettisimi a parte, è un secco no. Tanto vale puntare sui due neomaggiorenni e su Pazzini che, comunque, i suoi gol li fa sempre. Sono già 10, zitto zitto. Sommati ai 14 del piccolo faraone, siamo a 24. Sicuri che i rinforzi del Milan vadano ricercati in attacco?

A Roma va in scena una bella partita, soprattutto nel primo tempo. Tra due squadre che difficilmente potranno dire la loro per la corsa scudetto. Peccato. La Roma ha fatto un punto nelle ultime tre partite. Io credo chei giallorossi siano migliori della loro classifica, ma tant’è. L’Inter di stasera non aveva molto da dire. Priva di mezza squadra, ha fatto quasi tenerezza la grinta con la quale Guarin, in pieno stile Fuga per la Vittoria, ha provato a giocare da solo. Lasciatemi spendere una parola per Livaja, altro giovane interessantissimo. La naturalezza con la quale mette il pallone a terra è pari alla sua confidenza con i pali della porta. Il tempo di aggiustare la mira e avremo un bell’attaccante. Pochino, per l’Inter. Vedendo la partita pensavo che solo tre anni fa questa squadra vinceva tutto, e faceva tremare il mondo. Sono passate 2 stagioni e mezzo, 5 allenatori e troppi calciatori, per completare quello che, a memoria, mi pare uno dei più grandi ridimensionamenti della storia recente del calcio. E questo la dice lunga sulla gestione che ha portato a quei successi. Debiti, plusvalenze, ricapitalizzazioni. Forse ne valeva la pena, ma questo è il prezzo da pagare. E sarà un mutuo piuttosto lungo.

Si chiude la vicenda Snajider con reciproca soddisfazione. L’olandese parla già come se avesse coronato il sogno della sua vita (in fondo ci ha messo solo 20 giorni a decidere) e l’Inter si è tolta un peso, soprattutto dal libro paga. Sette milioni e mezzo non sono tantissimi, anzi. Sono la cifra che chiede l’Atalanta per Schelotto. A voi le considerazioni, ed evito battute sui 33 milioni spesi un tempo per Quaresma. La geografia del calcio è cambiata, si diceva. Il Galatasaray rappresenta un economia in crescita (la Turchia), una città di 20.000 abitanti e una squadra che giocherà gli ottavi di Champions. Non esattamente gli ultimi arrivati. Ci andrei piano con le ironie. Una la faccio io: più che l’olandese ci mancheranno la moglie Yolanthe e i suoi tweet. In settimana Guardiola, l’allenatore più corteggiato del mondo, ha firmato con il Bayern Monaco. Anche qui conta un dato: i bavaresi sono un azienda in attivo. Non ho detto con i bilanci a posto, ho detto in attivo. E se loro parlano di progetto, lo fanno a ragion veduta. Tornando in Italia, da segnalare un nuovo esonero. Era nell’aria quello di Del Neri. Fatto sta che Preziosi raggiunge quota 3 allenatori seguito da Zamaparini e Cellino a 2. Nulla di nuovo sotto il sole e non mi sorprenderei di dover aggiornare la classifica a breve. Più che giochi Preziosi, giochi masochisti.

Ho già detto del Parma, non ho detto di quanto è forte Belfodil. Avrò tempo e modo in futuro, non ne ho dubbi. Una menzione per il Torino, che vince a Pescara con una squadra che ricalca per 6 undicesimi (7 con l’allenatore) quella del Bari di 2 anni fa. Anche qui sembra passato un secolo, invece sono proprio loro, Barreto, Meggiorini, Glik, Gillet e compagnia bella che in serie A ci stanno benissimo. Magari con un Almiron e un Donati in più. Qualcuno, un giorno, dovrà dirci davvero chi ha rotto quel giocattolo e perchè. E come dicono i ragazzi di Non Cresce l’Erba, ce lo dovranno dire in faccia. Vero Danilo?

L'olandese è già arrivato nella sede del club Turco (foto ufficiale Galatasaray FC)

L’olandese è già arrivato nella sede del club Turco (foto ufficiale Galatasaray FC)

La verità, vi prego, sul pallone #14

10 Dic

La notizia è che nella domenica in cui le grandi vincono tutte tranne una, il Napoli, quella che sta davanti, la Juve, aumenta il suo distacco dalla sua più immediata inseguitrice. Nella sfida tra seconde, o presunte tali, vince l’Inter. Il Napoli arriva a questa partita in maniera piuttosto indolente. E non è la prima volta. Ne avevamo parlato dopo la sconfitta di Torino e dopo il pareggio interno contro il Milan. Nel momento decisivo la squadra di Mazzarri si perde. Peccato. L’Inter a questo punto non può nascondersi. Ha battuto le prime due del campionato, ha trovato un Guarin formato grande squadra (a me piace molto anche quando tutti dicono che è lui la causa delle sconfitte) e soprattutto ha ritrovato Cassano. Con Fantantonio l’Inter è un’altra squadra. Che piaccia o no sono sue le invenzioni che spaccano la partita, che la mettono sul binario preferito di Stramaccioni. Dopo basta mettersi in ordine là dietro, con una buona difesa e tre mediani a coprirli. Certo si soffre, e l’Inter ha sofferto, ma alla fine sono tre punti che pesano tantissimo. In una domenica in cui, come già detto, rimettono il naso fuori tutte le grandi squadre. Il Milan prima di tutto. Non fosse stato per quell’inizio disastroso adesso staremmo parlando di altro. Allegri sembra aver rimesso a posto le cose. Capigliature (inguardabili) a parte il Milan è tornato ad essere una squadra di tutto rispetto. Bravo l’allenatore a non scomporsi, o peggio ancora deprimersi, e a tornare al vecchio modulo con un Nocerino troppo prezioso per essere accantonato come un De Rossi qualunque (mi sia concessa la battuta). Gongola Silvio Berlusconi che ormai è tornato alle vecchie abitudini. La discesa in campo, via elicottero, a Milanello, il venerdì pomeriggio è qualcosa di più di un gesto simbolico di un buon padre (o nonno) di famiglia. Questo Milan giovane, che taglia ingaggi pesanti, che predica l’austerity annunciando che Balotelli non è un acquisto sostenibile sarà, sono pronto a scommettere, lo spot elettorale del 2013. Ben diverso da quello di quasi 20 anni fa, quando per conquistare gli italiani la metafora sportiva preferita era quella del magnate che spende e spande acqustando campioni da ogni parte del mondo. I tempi cambiano. Ma i campioni restanto. Ne è la prova Totti, immenso nella bellissima partita tra Roma e Fiorentina, un piacevole spot per il calcio italiano. Un giocatore in formato Mondiale. Semplicemente superbo, illuminante, decisivo. La Roma sembra aver trovato la quadratura del cerchio. Si parla molto dell’assenza di De Rossi e poco di Bradley. Anzi, non ne parla nessuno. Ma l’americano, negli schemi di Zeman, si è ritagliato un ruolo prezioso ed è lui, a mio parere a dare equlibrio (e quindi svolgere un ruolo delicatissimo) ad una squadra che tende a farsi prendere dal piacere leggittimo della giocata. La copertina quindi è sua. Ancche se nella vittoria della Roma ha un peso decisivo anche Viviano, portiere della Fiorentina. Tifosissimo della squadra in cui gioca, tanto da chiamare sua figlia Viola, rischia di trasformare il suo sogno in un incubo. A Firenze tifosi e stampa non sono leggeri con lui. Sabato mette lo zampino sul primo e sul terzo gol. E adesso gli errori iniziano ad essere troppi anche per un tifoso. Nemo profeta in patria. A Palermo torna in scena Antonio Conte. Scatenato come suo solito, danza e accompagna la squadra che si mangia l’impossibile rischiando di tornare dalla Sicila con un solo punto fino a quando, puntuale ma mai scontata, arriva la rete decisiva. La firma Liechsteiner, e non è un caso. Quando gli attaccanti sbagliano tutto alla Juve ci pensa spesso un esterno a timbrare il cartellino. Bentornato al Mister, comunque. Durante questi mesi in ghiacciaia ci ha fatto davvero tenerezza. La sua forza è stata quella di non far pesare minimamente la sua assenza. La classifica di serie A e la vittoria del girone in Champions League, in un gruppo tutt’altro che agevole, parlano chiaro. Al di là delle grandi segnalo una nuova sconfitta del Genoa (Del Neri al capolinea?), un altro gol di Paloschi e una nuova vittoria del Chievo in trasferta. Corini ha rivitalizzato una squadra che sembrava spenta, demotivata. E invece sarà ancora una volta un avversario molto ostico che probabilmente anche stavolta si salverà. Chiudiamo con una finestra sul calcio inglese. Oggi si è giocato il derby di Manchester. Spettacolare, con lo United in vantaggio per 2 a 0, poi ripreso dal City a 4 minuti dalla fine. Ci pensa Van Persie, al novantaduesimo, a colorare di rosso il cielo di Manchester. Una sconfitta che probabilmente peserà sul destino di Mancini che a dicembre è già fuori da un’Europa che doveva dominare. Mourinho è alla finestra. A fine stagione potrebbe lasciare il Real per abbracciare uno sceicco. Parigi o Manchester le destinazioni. E comunque vada non se la passerà male, il buon Josè.

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La verità, vi prego, sul pallone #12

26 Nov

La verità è che questa vittoria del Milan era, tutto sommato, prevedibile. Se non altro per una questione di cabala. Ai rossoneri mancava da troppo tempo l’acuto da grande squadra, da blasone, mentre la Juventus non perdeva fuori casa da una vita. Ma siccome in campo ci vanno i giocatori e non la cabala eccoci a commentare una partita che il Milan ha meritato di vincere nonostante il rigore molto molto dubbio. Mi piace citare Mario Sconcerti che ha definito Milan – Juventus Una grande partita decisa da un piccolo rigore. Va detto, per onestà intellettuale, che la protesta della Juve non è stata sguaiata. Non si sono viste scene di isterismo collettivo e questo giova a tutti, soprattutto allo spettacolo che in realtà si è visto poco. La notizia è che la Juventus ha pagato, a caro prezzo, la sbornia europea. Non tanto lo sforzo fisico, a mio parere, quanto la nuova dimensione raggiunta. Battere i campioni d’Europa, con un punteggio così netto, ha finito per penalizzare l’approccio della Juve con il campionato, con un avversario sicuramente più abbordabile rispetto agli ultimi anni, e con le trappole di un Milan battagliero. Non eravamo abituati a vedere la sqadra di Berlusconi lottare come una provinciale. E non c’è niente di male, sia bene inteso. Solo che eravamo abituati ad elicotteri che atterravano a Milanello, calcio champagne e passerelle sul terreno di gioco. Non a Yepes, Zapata, De Jong e De Sciglio. Il Milan non vincerà lo scudetto, questo è chiaro. E sembra un’assurdità pensare ad un allenatore come Guardiola con questo parco giocatori. Ma può coccolarsi un grande Montolivo (che indossa per la prima volta la fascia che è stata di Baresi e Maldini, auguri) e un meraviglioso El Shaarawi. Non è un caso che il Milan torna a fare il Milan proprio a cavallo delle due settimane che hanno visto Berlusconi più presente che negli ultimi quattro anni. Due visite, quattro prime pagine di giornale, una tirata di orecchie (credo definitiva) a Pato, un paio di consigli e qualche frecciatina (ad Allegri). Le idee sul Berlusconi politico le lascio ai posteri, il Berlusconi presidente di calcio rimane sempre un numero uno. Lo dicono i numeri, e su questo c’è poco da obiettare. La Juve resta la mia favorita nonostante le due sconfitte contro le storiche rivali milanesi. E nonostante l’attacco continui ancora a non convincermi. Vucinic è troppo spesso importante, troppo poco spesso determinante. Giovinco non esplode e Quagliarella ha un caratteraccio. A proposito, cosa ha detto ad Alessio nascosto dal giubbotto? Ma a questo punto diventa ancora più cruciale il peso della Champions. Se i bianconeri ci prendono gusto, e me lo auguro, perderanno altri punti per strada. L’assioma è quasi inevitabile. E sabato sera c’è il derby contro il Toro. Attenzione perche Ventura si è messo in testa di espugnare lo Juventus Stadium e il suo Torino ha tutte le carte in regola per stupire. Ne sa qualcosa la Fiorentina che si ferma a sei vittorie consecutive impattando contro i granata. Niente di rotto comunque, non si può vincere sempre. La giornata spezzatino dice poco altro. Dice che la Samp vince la seconda partita di fila, che il Genoa di Del Neri si sblocca, soprattutto grazie ad uno strepitoso Frey. Risorge anche il Palermo di Gasperini che batte il Catania nel derby mentre Zeman si prende i tre punti nella sua Pescara. Ma siamo praticamente a metà giornata. L’Inter e il Napoli giocano domani con la grandissima occasione di accorciare. I presupposti ci sono ma attenzione a Parma e Cagliari, due tra le squadre più in forma del campionato. Nell’Inter tiene banco il caso Sneijder. Prima all’olandese è stato proibito l’uso di Twitter. Adesso gli viene chiesto di tagliarsi l’ingaggio. La strategia della società è chiara: i tempi della cuccagna sono finiti. O ci si adegua oppure la porta è quella, anche se fai parte della stirpe degli dei. Non mi stuperei se a gennaio finisse ad un’altra squadra, magari italiana, magari della stessa città. Nonostante l’ottimo rapporto con Stramaccioni. A proposito di allenatori: da raccontare quello che è successo in Armenia, a Baku. Il presidente dopo aver esonerato l’allenatore ha affidato la squadra a Vugar Guloglan Oglu Huseynzade, 21 anni, giovane mago dei videogiochi calcistici. Vaglielo a spiegare adesso a tutti gli adolescenti che si rincoglioniscono di Play Station dalla mattina alla sera che non è quello il modo migliore per cercare lavoro.

La verità, vi prego, sul pallone #11

19 Nov

Il derby di Genova chiude una giornata di campionato piuttosto isterica. Espulsioni a raffica, giocatori che perdono la testa, allenatori in silenzio stampa, dirigenti che gridano al complotto. A Marassi si gioca una partita tesa ma agonisticamente corretta con due squadre mediocri e un pubblico meraviglioso. Penultima contro ultima solo per la classifica. Il calcio è qui, nella gradinata nord del Genoa che sventola le sue bandiere anche dopo il gol dell’1 a 3. Nella gradinata sud della Samp che canta che il cielo è sempre più blu. Ci pensa un ragazzino di 19 anni, Maurito Icardi, da Rosario. Lo manda Messi, dicono. Hanno giocato assieme a Barcellona. La cosa fa sorridere ma quando il ragazzo si beve tutta la difesa genoana costringendo Bovo ad un autogol alla Masiello (senza essere passato prima dalla Snai) la domanda è spontanea: ma perchè questo ragazzo ha aspettato tanto tempo in panchina? In ogni caso la Samp va sul 2 a 0, spreca l’impossibile, prende il 2 a 1, soffre e rischia anche di pareggiare. Ammetto di non essere mai stato un grande estimatore di Ferrara. Ma se la Samp avesse pareggiato questa partita sarebbe stato difficile dare la colpa all’allenatore con tutti i gol che i giocatori blucerchiati si sono divorati davanti a Frey. Alla fine ci pensa ancora lui, il ragazzino, a chiudere la gara e salvare la panchina di Ciro (il grande, per una notte). Chissà che notte sarà invece per Del Neri. Sesta sconfitta e un difficilissimo rapporto con la piazza per lui. Un allenatore che fa fatica a farsi capire quando ha due mesi di precampionato, figuriamoci arrivando a campionato iniziato. A parte che fa fatica a farsi capire in generale con quel suo xhandfasdaòlnka. Punterà sul rientro di Vargas e sulla voglia di Borriello e Immobile. Ad occhio la loro coesistenza mi sembra difficile. Se non altro perchè due attaccanti fighi e con lo stesso ciuffo non si sono mai visti assieme. Che nostalgia di Aguilera e Skhuravy. Vince la Juve, pur pareggiando. Marchetti alza la saracinesca e fa i miracoli. Conte alterna tutte le punte ma non trova la chiave di volta per sbloccare una partita che avrebbe meritato di stravincere. Adesso sotto con il Chealsea. La mia impressione è che la Juventus, involontariamente ma non troppo, punti a fare il bis in campionato anche a scapito dell’Europa. Ma forse è solo un impressione e martedì ne sapremo di più. Il Napoli si fa male da solo facendosi rimontare, e non è la prima volta. Stavolta l’impresa riesce al Milan grazie al giovane talento più limpido del calcio italiano: Stephan El Shaarawi. Nel disastro rossonero complimenti a chi ha creduto in luipur sapendo di non aver a che fare con il nipote di Mubarak. L’Inter spreca un’altra occasione dimostrando di essere lontana dalla consacrazione nonostante la vittoria di Torino. Stavolta perde la pazienza anche Stramaccioni, e a me tocca fare ammenda visto ciò che dissi due settimane fa. Il rigore c’è, all’ultimo minuto, ma il Cagliari non ruba niente. E se devo essere sincero gli errori sotto porta di Milito e company pesano almeno quanto quelli dell’arbitro. Al quarto posto c’è la Fiorentina. Non parlerà ancora di Montella. Ma di Aquilani si. La copertina la dedico a lui. Giovane promessa della Roma e del calcio italiano (nonchè compagno di Michela Quattrociocche, do you know 3 metri sopra il cielo?) ha giocato le ultime tre stagioni con Liverpool, Juventus e Milan. Il Gotha del calcio mondiale. Si è perso. Qualcuno pensava per sempre. Invece, dopo molti infortuni e qualche incomprensione, ha trovato un allenatore che ha creduto in lui ed è salito in cattedra. D’altronde a Firenze sono riusciti anche a far ringiovanire Luca Toni di 4-5 anni. Adesso sognare non è vietato. Ringiovanisce anche Gilardino che ritrova la via del gol. Mentre a Pescara finisce la telenovela Stroppa. Alla fine è lui a dare le dimissioni. Una rarità nel calcio. Una rarità in generale, in Italia. Ma tant’è. Non si parla mai troppo del Catania. Sesta in classifica, con un signor allenatore (Maran) e due giocatori di classe purissima. Uno si chiama Lodi e l’altro Almiron. Un giorno il buon Sergio Bernardo dovrà spiegarci cosa ne è stato della sua carriera e perchè non è riuscito ad affermarsi in una grandissima squadra come avrebbe sicuramente potuto. Si chiude stasera con Roma – Torino, il monday night della serie A. Prepariamoci ad una settimana di calcio spezzatino, per la gioia di Adele. A domani, su Controradio!