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Mandare a monte una presentazione in 140 caratteri. Ho bisogno d’amore, per Dio (e per andare a Torino)

15 Mag

Luna Margherita mi vuole bene. Mi ha visto un po’ giù ultimamente, e questa doveva essere (dovrà essere) la settimana più importante della mia vita. Quella del Salone del Libro di Torino, di un sogno che si realizza, di un libro chiuso in un cassetto che diventa un romanzo vero. Sto cazzo. Io non amo i superuomini. Gli strafighi, quelli che non devono chiedere mai (dato che se non chiedi non sai). Se le cose vanno un po’ di merda, se sei giù, se soffri (e sì perché nella vita c’è anche questo) è inutile usare i Social per dire che va tutto bene. Far girare sorrisi e status di gioia, quando le cose non sono esattamente come vuoi. Ma questa è un’altra storia e non sono qui per raccontarla. Mi sono guardato un po’ dentro ed ho pensato che in fondo che senso ha fare quello che adori (scrivere) se non hai accanto una persona che condivide questa tua passione? Una sola? Ma io ne vorrei molte di più, ho detto a Luna. Insomma, a lei è venuta un’idea. Vado a Torino solo se mi ci mandate voi. E non scherzo. Ho bisogno d’amore, per Dio. 

Ecco l’idea di quella matta di Luna:

Oggi vi parlo di una sfida, di uno scrittore, di una valigia con sorpresa e di un amore finito.

Non è la sceneggiatura di qualche film a basso costo, ma la storia vera del mio amico Cristiano Carriero e del suo viaggio a Torino per presentare il suo ultimo romanzo #DomaniNo e anche il penultimo,  #CiSonoNotti.
Vi dico le cose come stanno, Cristiano mi ha chiesto:

mi dai una mano a pubblicizzare la presentazione dei due libri al Salone del Libro di Torino?

Ci ho pensato su. Ho pensato a lui, il mio amico barese che si trasferisce nelle Marche e tra il lavoro come account, gli arbitraggi la domenica, gli allenamenti, il lavoro extra come formatore e le pause pranzo passate in palestra, trova il tempo per scrivere due romanzi.
Ho pensato a me e al mio modo di lavorare: mi piacciono le cose vere, senza tanti giri, chi mi capisce mi capisce e se una cosa deve arrivare, vedrai che arriva.
Ho pensato che è inutile pubblicizzare una cosa, se non interessa a nessuno.
Così ho deciso di proporre al mio amico Cristiano una sfida: vuoi andare a presentare i tuoi libri a Torino, ok. Ma tu, scrittore emergente amico mio, ce li hai i lettori che ti sostengono?
Perché parliamoci chiaro, oggi se non sei ‘sto cavolo, è difficile sfondare con un libro, a meno che tu non sia il fenomeno dell’anno o Melissa P. Oggi siamo nel mondo dell’editoria a pagamento e degli scrittori in causa.

E allora ho detto a Cristiano che la mia strategia sarebbe stata una sfida: avrebbe potuto guidare solo 5 km per ogni tweet o condivisione ricevuta su facebook. Perché oggi la benzina degli autori…sono i lettori e non ci sono scuse. Deve arrivare a Torino e sono più di 500km, gli servono 101 tweet con hashtag #DomaniNo o #CiSonoNotti e/o condivisioni di questo suo post su facebook [ancora non è pubblicato, vi aggiorno appena lo pubblica anche lui].
È una sfida. Potrebbe rimanere incastrato a Rimini e non schiodarsi da lì.
Il suo editore lo ammazzerebbe, ma se Cristiano non ha abbastanza sostenitori, se ci pensi, per chi scrive?
Aiutatelo, se vi va di aiutare un amico o uno sconosciuto in una pazza sfida sgangherata come me, che mi conoscete, e come lui che si è appena lasciato dopo cinque anni di fidanzamento e forse ha proprio bisogno di un’avventura stramba.
Probabilmente ci sarà anche un regalo: uno dei 101 twittatori o condivisori verrà estratto a sorte e riceverà a casa la valigia di Cristiano con dentro una copia di #DomaniNo e una sorpresa da parte dell’autore…e proprio non so dirvi che cosa potrà metterci.
La accettate questa sfida?
Da venerdì alle 13, su twitter e facebook.
#DomaniNo
#CiSonoNotti

101-tweet-per-torino

La verità, vi prego, sul pallone #19

28 Gen

A Napoli non stanno più nella pelle. Il che è molto pericoloso, conoscendo l’ambiente. Mazzarri dovrà lavorare da pompiere da una parte, cercando di non far divampare troppo l’entusiasmo dei tifosi e della città, e da incendiario dall’altra, cercando di approfittare della crisi nervosa che ha colpito (non per la prima volta) Conte e Marotta dopo la partita contro il Genoa. Le polemiche non ci interessano, i veleni meno che mai. Come diceva Vujadin Boskov rigore è quando arbitro fischia. E l’arbitro di Torino non fischia nè in un area, nè nell’altra. Piuttosto mi soffermerei sul fatto che la Juventus produce molto e segna poco. Le punte sono tante e i giocatori che risolvono le partite sono pochi. Anche Vucinic sembra appannato. E stavolta Conte subisce anche il gol dell’ex da Borriello, che non esulta nonostante i fischi (ingenerosi) che i suoi vecchi tifosi gli riservano. Da domani si aggregerà al gruppo il nuovo acquisto Anelka. Dieci anni fa se lo contendeva mezza Europa. Il carattere gli ha giocato brutti scherzi, come quando disse che non avrebbe mai cantato la marsigliese e che nella nazionale francese la colpa veniva scaricata sempre sui neri e mai sui bianchi alla Gourcouff. Ma questo è il passato. Oggi gente come Carlo Ancelotti parla di un grande professionista. Bisognerà valutare la forma di un giocatore che viene dal campionato cinese, non il più competitivo del mondo, ed ha 34 anni, non più 24 come quando aveva un caratteraccio.

Il Napoli si diceva. La vittoria degli azzurri è fondamentale perchè arriva dopo un passo falso (stavolta intero, non mezzo) della Juventus e in un turno che sulla carta sfavoriva la squadra di Mazzarri. Che ha avuto anche la forza di tornare in vantaggio dopo essere stata raggiunta e per di più sul campo dell’unica squadra imbattutta in casa. Confermo le mie impressioni sul Parma ma credo che, al netto della bellissima prestazione di Cavani e compagni, non sia un caso che la prima sconfitta arrivi dopo la cessione di Zaccardo, un giocatore troppo sottovalutato e per molti famoso solo per aver segnato un autogol al Mondiale del 2006. Il Milan, a parer mio, ha fatto un ottimo affare a comprarlo. Donadoni si riorganizzerà, ne sono sicuro. Ora che il Napoli è a meno 3 il più grande errore sarebbe quello di nascondersi. Anche perchè, in questo campionato livellato verso il basso due campioni come Hamsik e Cavani non li ha nessuno.

Lo scontro diretto si gioca al San Paolo tra qualche settimana. La Juve andrà anche a San Siro, all’Olimpico (due volte) e dovrà fronteggiare un febbraio tremendo, con il ritorno della Champions. La Lazio si è suicidata. Prima o poi la striscia positiva doveva interrompersi, succede quando sei in rimonta, certo è che la sconfitta contro il Chievo brucia e adesso si diventa meno credibili a parlare di scudetto. Certo che la Lazio senza Klose è una mezza squadra, e non solo perchè non segna. Nelle ultime 10 giornate è il Milan la squadra che ha fatto meglio. Ad Allegri i miei complimenti. Ha saputo resistere, raddrizzare una squadra allo sbando facendo scelte coraggiose come il sacrificio di Pato e Robinho, ha lanciato dei giovani (Niang su tutti), ha richiesto giocatori utili come Zaccardo e si è rimessa in scia. Non vincerà lo scudetto e forse uscirà agli ottavi di Champions (il Barcellona è troppo forte) ma può arrivare terza e questo sì sarebbe un miracolo da parte di Allegri.

Delude ancora l’Inter. Con un centrocampo senza fantasia e con uno schema solo: aspettare la fiammata di Guarin. Cassano accende la luce a sprazzi e per il resto lo spettacolo lo da il Bari, pardon il Torino, con un Meggiorni strepitoso. La sua cresta è più discreta di quella di El Sharaawi ma il ragazzo farebbe la fortuna di molte squadre con i suoi movimenti. Ventura lo sa bene. La Roma e la Fiorentina fanno a gara a chi perde più occasioni. I viola non possono pensare di arrivare in Champions League senza un centravanti, ma soprattutto senza un portiere. Ma siamo sicuri che Neto sia più affidabile di Viviano? Intanto complimenti al Catania, che arriva a 35 punti e si conferma un laboratorio interessantissimo di squadra europea, non solo italiana. Una squadra che cambia allenatori, giocatori, addirittura DS (pochi si sono accorti che Lo Monaco è andato via) ma mantiene un’identità fortissima. Il merito è di Pulvirenti e di alcuni dirigenti che lavorano nell’ombra per portare in Sicilia giocatori come Gomez e Castro e rigenerare vecchi marpioni come Legrottaglie. A loro la mia copertina. Meritata.

Stupisce ancora Icardi. Il giovanissimo attaccante della Sampdoria segna 4 gol ed entro un paio di settimane deciderà se giocare nella nazionale argentina o in quella italiana. Una cosa è certa: ci troviamo di fronte ad un talento vero, purissimo. Pare sia anche un ragazzo con la testa sulle spalle, nonostante i 19 anni. E difficilmente resterà a Genova un altro anno. Chiudiamo con una parentesi sul calcio internazionale. Ogni domenica un dirigente del Galatasary si sveglia e compra un top player. Oggi è il turno di Drogba. Lo voleva la Juve, lo voleva il Milan, e alla fine è andato in Turchia. A Istanbul sognano in grande. Credo sia lo specchio di una nuova economia. Chi l’avrebbe mai detto.

L'esultanza di Legrottaglie

L’esultanza di Legrottaglie

La verità, vi prego, sul pallone #18

21 Gen

La crisi aguzza l’ingegno. E se permettete aiuta i talenti. In passato succedeva negli altri campionati d’Europa, Inghilterra e Germania in primis. In Italia no. Perchè qui i giocatori dovevano essere pronti, maturi e arrivati. E i giovani erano costretti ad aspettare il loro momento in panchina o andare in prestito in provincia. La morale è che la fuga dei campioni ha permesso di scoprire nuove preziose risorse. Non tutto il male viene per nuocere. Basta rendersi conto della nuova dimensione. Quello italiano è un campionato come tanti. Non fa più notizia che un irascibile genio svedese vada a giocare in Francia o che un talentuoso quanto capriccioso olandese trovi il suo nuovo Eden in Turchia, a Istanbul. Ci tornerò.

Quello che è certo è che giocatori come Pogba, Nyang, lo stesso Benassi e Livaja, hanno una grandissima possibilità di mettersi in luce. Il potente centrocampista della Juventus ha già incantato tutti. I suoi due gol (incredibile il primo) spaccano la partita contro l’Udinese e forse il campionato. Nell’eterno inseguimento tra anti-juve che ci guadagna, a domeniche alterne, è sempre la Juve. Certo nessuno si aspettava questo impatto sul campionato da parte di cresta gialla Pogba, un giocatore abilmente strappato dalle grinfie del Manchester United e che adesso può davvero rapprensentare il futuro della Juventus. Di certo, il futuro, lo rappresenta Nyang per il Milan. Il ragazzo ha stoffa, numeri e personalità. Al netto dell’incredibilie episiodio della guida senza patente con relativa bugia alla pattuglia sulla sua identità (disse di essere Traorè), giova ricordare che l’attaccante senegalese ha solo 18 anni. Una cosa è certa: oggi quel poliziotto lo riconoscerebbe subito. Poco non è.

Si è parlato di lui, si è parlato di El Sharaawi eppure al Milan si continua a vociferare di un possibile arrivo di Kakà e Balotelli. Considerato che non potrebbero neanche giocare in Champions, il mio parere, romanticismi e dispettisimi a parte, è un secco no. Tanto vale puntare sui due neomaggiorenni e su Pazzini che, comunque, i suoi gol li fa sempre. Sono già 10, zitto zitto. Sommati ai 14 del piccolo faraone, siamo a 24. Sicuri che i rinforzi del Milan vadano ricercati in attacco?

A Roma va in scena una bella partita, soprattutto nel primo tempo. Tra due squadre che difficilmente potranno dire la loro per la corsa scudetto. Peccato. La Roma ha fatto un punto nelle ultime tre partite. Io credo chei giallorossi siano migliori della loro classifica, ma tant’è. L’Inter di stasera non aveva molto da dire. Priva di mezza squadra, ha fatto quasi tenerezza la grinta con la quale Guarin, in pieno stile Fuga per la Vittoria, ha provato a giocare da solo. Lasciatemi spendere una parola per Livaja, altro giovane interessantissimo. La naturalezza con la quale mette il pallone a terra è pari alla sua confidenza con i pali della porta. Il tempo di aggiustare la mira e avremo un bell’attaccante. Pochino, per l’Inter. Vedendo la partita pensavo che solo tre anni fa questa squadra vinceva tutto, e faceva tremare il mondo. Sono passate 2 stagioni e mezzo, 5 allenatori e troppi calciatori, per completare quello che, a memoria, mi pare uno dei più grandi ridimensionamenti della storia recente del calcio. E questo la dice lunga sulla gestione che ha portato a quei successi. Debiti, plusvalenze, ricapitalizzazioni. Forse ne valeva la pena, ma questo è il prezzo da pagare. E sarà un mutuo piuttosto lungo.

Si chiude la vicenda Snajider con reciproca soddisfazione. L’olandese parla già come se avesse coronato il sogno della sua vita (in fondo ci ha messo solo 20 giorni a decidere) e l’Inter si è tolta un peso, soprattutto dal libro paga. Sette milioni e mezzo non sono tantissimi, anzi. Sono la cifra che chiede l’Atalanta per Schelotto. A voi le considerazioni, ed evito battute sui 33 milioni spesi un tempo per Quaresma. La geografia del calcio è cambiata, si diceva. Il Galatasaray rappresenta un economia in crescita (la Turchia), una città di 20.000 abitanti e una squadra che giocherà gli ottavi di Champions. Non esattamente gli ultimi arrivati. Ci andrei piano con le ironie. Una la faccio io: più che l’olandese ci mancheranno la moglie Yolanthe e i suoi tweet. In settimana Guardiola, l’allenatore più corteggiato del mondo, ha firmato con il Bayern Monaco. Anche qui conta un dato: i bavaresi sono un azienda in attivo. Non ho detto con i bilanci a posto, ho detto in attivo. E se loro parlano di progetto, lo fanno a ragion veduta. Tornando in Italia, da segnalare un nuovo esonero. Era nell’aria quello di Del Neri. Fatto sta che Preziosi raggiunge quota 3 allenatori seguito da Zamaparini e Cellino a 2. Nulla di nuovo sotto il sole e non mi sorprenderei di dover aggiornare la classifica a breve. Più che giochi Preziosi, giochi masochisti.

Ho già detto del Parma, non ho detto di quanto è forte Belfodil. Avrò tempo e modo in futuro, non ne ho dubbi. Una menzione per il Torino, che vince a Pescara con una squadra che ricalca per 6 undicesimi (7 con l’allenatore) quella del Bari di 2 anni fa. Anche qui sembra passato un secolo, invece sono proprio loro, Barreto, Meggiorini, Glik, Gillet e compagnia bella che in serie A ci stanno benissimo. Magari con un Almiron e un Donati in più. Qualcuno, un giorno, dovrà dirci davvero chi ha rotto quel giocattolo e perchè. E come dicono i ragazzi di Non Cresce l’Erba, ce lo dovranno dire in faccia. Vero Danilo?

L'olandese è già arrivato nella sede del club Turco (foto ufficiale Galatasaray FC)

L’olandese è già arrivato nella sede del club Turco (foto ufficiale Galatasaray FC)

La verità, vi prego, sul pallone #11

19 Nov

Il derby di Genova chiude una giornata di campionato piuttosto isterica. Espulsioni a raffica, giocatori che perdono la testa, allenatori in silenzio stampa, dirigenti che gridano al complotto. A Marassi si gioca una partita tesa ma agonisticamente corretta con due squadre mediocri e un pubblico meraviglioso. Penultima contro ultima solo per la classifica. Il calcio è qui, nella gradinata nord del Genoa che sventola le sue bandiere anche dopo il gol dell’1 a 3. Nella gradinata sud della Samp che canta che il cielo è sempre più blu. Ci pensa un ragazzino di 19 anni, Maurito Icardi, da Rosario. Lo manda Messi, dicono. Hanno giocato assieme a Barcellona. La cosa fa sorridere ma quando il ragazzo si beve tutta la difesa genoana costringendo Bovo ad un autogol alla Masiello (senza essere passato prima dalla Snai) la domanda è spontanea: ma perchè questo ragazzo ha aspettato tanto tempo in panchina? In ogni caso la Samp va sul 2 a 0, spreca l’impossibile, prende il 2 a 1, soffre e rischia anche di pareggiare. Ammetto di non essere mai stato un grande estimatore di Ferrara. Ma se la Samp avesse pareggiato questa partita sarebbe stato difficile dare la colpa all’allenatore con tutti i gol che i giocatori blucerchiati si sono divorati davanti a Frey. Alla fine ci pensa ancora lui, il ragazzino, a chiudere la gara e salvare la panchina di Ciro (il grande, per una notte). Chissà che notte sarà invece per Del Neri. Sesta sconfitta e un difficilissimo rapporto con la piazza per lui. Un allenatore che fa fatica a farsi capire quando ha due mesi di precampionato, figuriamoci arrivando a campionato iniziato. A parte che fa fatica a farsi capire in generale con quel suo xhandfasdaòlnka. Punterà sul rientro di Vargas e sulla voglia di Borriello e Immobile. Ad occhio la loro coesistenza mi sembra difficile. Se non altro perchè due attaccanti fighi e con lo stesso ciuffo non si sono mai visti assieme. Che nostalgia di Aguilera e Skhuravy. Vince la Juve, pur pareggiando. Marchetti alza la saracinesca e fa i miracoli. Conte alterna tutte le punte ma non trova la chiave di volta per sbloccare una partita che avrebbe meritato di stravincere. Adesso sotto con il Chealsea. La mia impressione è che la Juventus, involontariamente ma non troppo, punti a fare il bis in campionato anche a scapito dell’Europa. Ma forse è solo un impressione e martedì ne sapremo di più. Il Napoli si fa male da solo facendosi rimontare, e non è la prima volta. Stavolta l’impresa riesce al Milan grazie al giovane talento più limpido del calcio italiano: Stephan El Shaarawi. Nel disastro rossonero complimenti a chi ha creduto in luipur sapendo di non aver a che fare con il nipote di Mubarak. L’Inter spreca un’altra occasione dimostrando di essere lontana dalla consacrazione nonostante la vittoria di Torino. Stavolta perde la pazienza anche Stramaccioni, e a me tocca fare ammenda visto ciò che dissi due settimane fa. Il rigore c’è, all’ultimo minuto, ma il Cagliari non ruba niente. E se devo essere sincero gli errori sotto porta di Milito e company pesano almeno quanto quelli dell’arbitro. Al quarto posto c’è la Fiorentina. Non parlerà ancora di Montella. Ma di Aquilani si. La copertina la dedico a lui. Giovane promessa della Roma e del calcio italiano (nonchè compagno di Michela Quattrociocche, do you know 3 metri sopra il cielo?) ha giocato le ultime tre stagioni con Liverpool, Juventus e Milan. Il Gotha del calcio mondiale. Si è perso. Qualcuno pensava per sempre. Invece, dopo molti infortuni e qualche incomprensione, ha trovato un allenatore che ha creduto in lui ed è salito in cattedra. D’altronde a Firenze sono riusciti anche a far ringiovanire Luca Toni di 4-5 anni. Adesso sognare non è vietato. Ringiovanisce anche Gilardino che ritrova la via del gol. Mentre a Pescara finisce la telenovela Stroppa. Alla fine è lui a dare le dimissioni. Una rarità nel calcio. Una rarità in generale, in Italia. Ma tant’è. Non si parla mai troppo del Catania. Sesta in classifica, con un signor allenatore (Maran) e due giocatori di classe purissima. Uno si chiama Lodi e l’altro Almiron. Un giorno il buon Sergio Bernardo dovrà spiegarci cosa ne è stato della sua carriera e perchè non è riuscito ad affermarsi in una grandissima squadra come avrebbe sicuramente potuto. Si chiude stasera con Roma – Torino, il monday night della serie A. Prepariamoci ad una settimana di calcio spezzatino, per la gioia di Adele. A domani, su Controradio!

52) Bari – Torino, 16 settembre 1990 – U Bàr iè fort

10 Set

C’è stato un tempo in cui Vincenzo Matarrese si era messo in testa di conquistare l’Europa. Un po’ per megalomania e smanie personali, un po’ perchè Renzo Piano gli aveva consegnato le chiavi di uno stadio che avrebbe avuto un senso compiuto soltanto diventando scenario di coppe europee e partite in notturna, come la finale terzo e quarto posto dei Mondiali di calcio. Il ricordo di quella sera è ancora vivo. Goigoichea che para il rigore di Aldo Serena (dopo aver respinto quello di Donadoni) e corre a braccia splancate verso Maradona che gli salta addosso. I giocatori dell’Italia in ginocchio. Io, bambino, che scoppio in lacrime. L’Italia che resta in silenzio per una notte intera. Niente finale a Roma, solo una misera finalina a Bari, per la gioia di Antonio Matarrese. Suo fratello ci prova ad allestire una squadra che “possa entrare in Europa dalla porta principale“. Trattiene Maiellaro, Di Gennaro e soprattutto Joao Paulo. E compra uno dei migliori giovani talenti in circolazione: il rumeno Florin Raduciou, strappato al Pisa, al Bologna e all’Anderlecht con metodi ortodossi e non. La prima giornata vede però il Bari soccombere in casa dell’Atalanta. Caniggia ed Evair sistemano la pratica in venti minuti. Qualcuno già mugugna. Maiellaro è rimasto controvoglia, il rumeno è un ragazzino, il portiere è poco affidabile. Già, il portiere. Perchè Salvemini congeda l’affidabile Mannini per consegnare la porta ad un suo vecchio pupillo, Giulio Drago, già portiere dell’Empoli. L’investimento si rivela tutt’altro che azzeccato. Un precampionato imbarazzante e una papera a Bergamo non fanno presagire nulla di buono. Il 16 settembre del 1990 il Bari gioca la sua prima storica partita di campionato al San Nicola. E forse, proprio il Santo, si mette una mano sul cuore. L’avversario è il Torino di Emiliano Mondonico. Una squadra giovane e spumeggiante che punta tutto sul talento cristallino di Gianluigi Lentini e sulla classe di Martin Vasquez. In avanti il discontinuo Muller, rigenerato da Fascetti nelle due stagioni precedenti. Gli spalti si riempiono già mezz’ora prima dell’incontro. La curiosità è tanta, la voglia di riempire l’astronave anche. Giulio Drago però impiega 10 minuti a mettere il match in salita. Con un’uscita scellerata consegna il pallone sui piedi di Muller, che in semirovesciata insacca. Uno a zero per il Toro e San Nicola che piomba nel silenzio. Mio padre mi fa segno che è tutto a posto, che abbiamo tutto il tempo. Ma il Bari sbanda, paurosamente, e io nonostante i miei 11 anni non sono mica scemo. Mettici anche che Maiellaro, il giocatore più fantasioso, si fa male e deve lasciare il campo subito dopo. Entra Scarafoni e Joao si mette a fare il rifinitore. La difesa (nella quale esordisce il giovanissimo Lorenzo Amoruso) fa acqua. Lentini prima e Muller poi si ritrovano soli davanti al portiere. Quest’ultimo salta anche Drago in uscita, poi spreca calciando incredibilmente sul palo. Mondonico si mette le mani nei capelli. Se avesse avuto una sedia l’avrebbe alzata. Lo farà qualche anno più tardi, in una finale di Coppa Uefa incredibilmente scippata al suo Toro. Il Bari ringrazia, comunque. E al 30′ l’assopito Joao si ricorda di essere brasiliano. Filtrante per il ragazzino venuto dall’est che di prima intenzione calcia di sinistro e trova l’angolo lontano alla sinistra di Marchegiani. Eccolo, il primo gol al San Nicola. Il primo di una lunga serie. Quello che nei miei sogni di bambino doveva essere solo l’inizio di una storia che avrebbe dovuto portare il Bari in Europa. Forse è per questo che festeggio più animatamente del solito. Durante i Mondiali avevo visto, a Bari, Romania – URSS, e mi ero innamorato di Lacatus. Ma anche questo ragazzino riccio e biondo ci sapeva fare con i piedi. Veloce e spumeggiante. Un po’ sprecone. Ma questo particolare all’epoca non mi sembrava cosa di particolare conto. Ignoravo il fatto che la Gialappa’s fosse già sulle sue tracce da tempo. Secondo tempo: il Toro riprende da dove aveva finito. A prenderci a pallonate. Policano colpisce la traversa su punizione. Skoro, entrato al posto di Muller, inciampa due volte sul pallone e meno male. Il Bari non c’è, e a nulla servono i cambi di Salvemini. Solo Laureri, entrato al posto dell’evanescente Colombo, sembra dare più corsa al centrocampo. Ma la vittoria può arrivare solo per miracolo. Miracolo che si concretizza al 90′, quando lo sciagurato Carillo, appena pressato da Di Gennaro, colpisce il pallone di mano, costringendo l’arbitro a concedere il rigore. La sportività di mio padre è disarmante: “Speriamo che lo sbaglia, non la meritiamo ‘sta vittoria“. Ma io non la penso come lui. Joao Paulo trasforma e io esulto con gioia ma con un pizzico di moderazione, per non deluderlo. Matarrese dirà che la vittoria è venuta per merito del fratello vescovo “Ogni tanto qualche aiuto dall’alto ci deve arrivare, mio fratello è vescovo“. Salvemini ammetterà di aver avuto molta fortuna. Mondonico la prenderà con filosofia e Janich, direttore sportivo, si renderà conto di dover cercare un nuovo portiere. Arriverà Biato al posto di Drago ma la squadra non entrerà in Europa. Sarà Joao, alla penultima giornata, a salvarla dalla retrocessione, mettendo a sedere due volte Baresi. Ma questa è un’altra storia.

ps: nonostante la Gialappa’s io mi innamorai di Radu. Il Bari lo cedette dopo un solo anno ma il ragazzo si prese delle soddisfazioni, arrivando anche a giocare nel Milan. E nel Mondiale del 1994 fu uno dei migliori, trascinando la sua Romania ai quarti di finale (eliminata solo ai rigori dalla Svezia del futuro barese Kenneth Anderson).