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Io sto con Cuper, 10 anni e passa dopo.

23 Apr

No, non mi freghi con quei dentoni da coniglio e la faccia simpatica. E non mi freghi neanche perché a 18 anni ho avuto la fortuna di vederti correre veloce come il ventoLa potenza è nulla senza controllo.E tu sapevi correre e sterzare come nessun altro. Difensore e portiere a terra, e tanti saluti. Ma quello che hai detto ieri, caro Ronaldo vero (ho sempre fatto fatica ad ammettere l’esistenza di un tuo omonimo e poi mi stava più comodo chiamarlo come me, Cristiano) non mi è piaciuto affatto.

Magari hai pensato che il tifoso medio abbia dimenticato che fu tua la volontà di andare via. Volevi vincere e volevi guadagnare di più. Il Real Madrid come unica soluzione che facesse contento te e il tuo procuratore. Quello che con i soldi dell’operazione si comprò pure una cravatta nuova. Non mi è piaciuto leggere le tue parole “Nessuno ricordaCuper, a parte me“. Perché io Cuper me lo ricordo. E un po’, pensa te, mi manca pure. Sono stufo di un calcio che ricorda ed elogia solo i vincenti, caro Fenomeno. Cuper era un gran lavoratore, un allenatore che stava per vincere uno scudetto con Kallon e Ventola in attacco e Sorondo in difesa.

Con lui l’Inter ha sfiorato uno scudetto e una finale di Champions e pazienza se non è riuscita ad ottenere nessuna delle due cose. Con lui si è vista una difesa solida e a tratti un bel calcio, un Vieri superbo, uno spirito di gruppo che nell’Inter dei suoi predecessori (eccezion fatta per Simoni) mancava. Il Ronaldo di Cuper non era, appunto, quello di Simoni. Era un Ronaldo da aspettare con pazienza, da gestire, da centellinare. E non sempre si può gestire un brasiliano capriccioso. A Cuper rimprovero solo di aver insistito su Gresko quando la soluzione Michele Serena sembrava più semplice e indolore, ma queste sono cose superate, come il 5 maggio.

Faccio fatica invece a superare lo scotto di quell’estate durante le quale Ronaldo, dopo aver vinto il Mondiale da protagonista mise Moratti con le spalle al muro e disse ”O me o Cuper” ben sapendo che la sua decisione, quella di andare a giocare nel Real, era già stata presa. E se vuoi proprio saperlo… Io sto con Cuper, 10 anni e passa dopo. | Senzaudio.

 

La verità, vi prego, sul pallone #28

31 Mar

C’è chi resuscita dopo tre giorni e c’è chi non muore mai. Al massimo inciampa, cade, ma puntualmente si rialza e poi sembra più forte di prima. Antonio Conte e la sua Juve non sembrano conoscere il significato della parola appagamento, nemmeno a due giorni dall’impegno più importante del nuovo ciclo juventino. E tanto per non smentirsi il mister ha convocato i suoi giocatori all’ora di pranzo del giorno di Pasqua. Sia mai a qualcuno venisse in mente di festeggiare il quasi matematico scudetto a pranzo con i propri cari. C’è un aereo che aspetta, direzione Monaco di Baviera.

Ma facciamo un passo indietro. L’ultimo ostacolo verso il titolo è stato superato. Certo, non è stato agevole, perché in casa dell’Inter agevole non sarà mai, ma mi sembra di poter dire che la Juventus non ha rubato niente. Al netto di rigorini e rigoretti vari da ambo le parti (possiamo discuterne fino a pasquetta, ma alla fine di scandaloso non ho visto niente) si può dire che in campo c’erano una truppa di volenterosi talenti (e qualche cesso, tipo Pereira) e una squadra di calcio. E quest’ultima, giustamente, ha vinto. I se e i ma non fanno la storia e quindi non mi soffermerò sugli episodi. Sul perché Chivu alza il braccio anziché provare una scivolata sul cross di Quagliarella e sul perché Ranocchia non si chieda dove sia finito Matri (che sarà pure opportunista ma non è Paolo Rossi e nemmeno Pippo Inzaghi) sull’azione del gol.

Preferisco applaudire una squadra che senza campionissimi (Buffon e Pirlo a parte) ha una continuità e una varietà di soluzioni spaventose. Ma non tutto è da buttare per l’Inter. Kovacic ha, per me, un futuro da fenomeno, Handanovic si conferma un gran portiere e Palacio è stato un acquisto super. Cassano ha poca voglia ma con quella cambia le partite. Sul resto si può e si deve lavorare. Sinceramente assolvo Cambiasso, e non perché il suo fallaccio su Giovinco non sia degno di cartellino rosso e conseguente squalifica. Ma la frustrazione fa parte del gioco, e quando vieni espulso per la prima volta dopo 227 partite e chiedi scusa non meriti di essere bruciato vivo in piazza come qualcuno avrebbe suggerito.

La vigila di Pasqua ha visto la solita continuità del Milan che si è confermato anche sul campo del Chievo (se Balotelli non segna ci mette comunque lo zampino) e in serata la grande verve del Napoli. La vittoria degli azzurri è, secondo me, tutta da attribuire a Mazzarri. Ha gestito Cavani (stanco dal viaggio) e lo ha messo dentro sul più bello, per scatenarlo contro la stanca difesa del Toro. Ma soprattutto ha vinto la partita con un cambio che in pochi hanno esaltato. Togliendo Britos un secondo dopo l’errore che ha permesso al Torino di passare momentaneamente in vantaggio. Spesso si dice che certi cambi sono psicologicamente distruttivi per i giocatori, ma Mazzarri ha dimostrato di interessarsi più al risultato che a queste sagaci pippe da panchina d’oro. Hai sbagliato? Ti tolgo subito.

Intanto pareggio dopo 5 minuti, poi vinco e in settimana ti mando dallo psicologo. Ma non credo che Britos ne avrà bisogno. Il più felice, dopo la rimonta che mantiene il Napoli al secondo posto, sarà lui. Una menzione la merita ovviamente Dzemaili, svizzero non svizzero che ieri ha portato il pallone a casa. 133 partite in A, 8 gol. Di cui 3 ieri sera. Da ex non esulta sui primi due, al terzo si scatena. Curioso che il Napoli costruisca gran parte dei propri successi su tre svizzeri atipici come lui Behrami e Inler. E questo spiega perché gli elvetici andranno ai mondiali, e non da sparring partner (chiosa personale).

In coda importante vittoria del Palermo contro la Roma. Ora il Genoa è a 3 punti, vuoi vedere che dopo 5 allenatori il primo era quello giusto? Sannino ha la fame e la mentalità per compiere questa impresa, fossi in Ballardini starei molto attento. Da segnalare l’ennesima prodezza di Amauri che da quando è tornato a Parma ha fatto solo gol da antologia. Un giorno ci spiegherà perché da il meglio di se solo in provincia, oppure ci sarà qualcun’altro che punterà su di lui e gli darà una nuova possibilità? Non era meglio dare una chance a lui che a Rocchi, Moratti e Branca?

Lo svizzero non svizzero del Napoli, Blerim Dzemaili.

Lo svizzero non svizzero del Napoli, Blerim Dzemaili.

La verità, vi prego, sul pallone #25

10 Mar

Ci voleva un gol nel recupero. Il gol che non ti aspetti, quello del giocatore che ancora non aveva messo la sua firma su questa campionato. Ma forse proprio per questo, la rete che sblocca e decide la difficile partita contro il Catania di Maran, assume un valore quasi inestimabile. Esistono partite chiave nel corso di un campionato, e quasi mai sono quelle contro le concorrenti dirette, o i derby. Esistono partite difficili da sbloccare, complicate, che magari non meriti neanche di vincere. Ma la differenza tra te e quelli che stanno dietro sta proprio lì: tu quelle partite le vinci, gli altri no. Magari con l’orgoglio, con un colpo di coda o qualche volta con un colpo di culo.

L’anno scorso questa stessa partita la Juventus la giocò a Cesena. Contro una squadra già retrocessa che però provò in tutti i modi a complicarle la vita. Decise Borriello, che fino a quel momento si era fatto notare solo per i baffi. L’eroe di giornata è invece Giaccherini: esterno basso (nel senso che è alto un metro e sessanta), tanta corsa e parecchio sacrificio. A San Siro (sponda Inter) lo prenderebbero in giro. Nella macchina perfetta di Conte è uno dei tanti giocatori importanti del progetto. E si è visto. L’esultanza della panchina, dei giocatori, dello stadio, fa capire chiaro e tondo il valore di questa rete.

E d’altronde si era capito già al minuto 60 quando lo Juventus Stadium ha accolto con un boato il gol del Chievo contro il Napoli. A proposito: la verità è che tutta l’Italia non juventina sperava che la banda di Mazzarri tenesse vivo questo campionato, almeno un po’ più a lungo. E invece il Napoli si è spento e adesso forse dovrebbe guardarsi alle spalle, visto che il Milan visto venerdì a Genova corre (ancora un gol di Balotelli) e non ha nessuna intenzione di fermarsi. La mia umile esperienza mi dice che difficilmente i campionati si decidono prima di Pasqua. Ma con tutta la buona volontà non vedo come la Juventus possa complicarsi la vita e soprattutto non vedo chi possa impensierirla. Mettiamola così: do più speranza al Milan che al Napoli, nonostante i due punti in più dei partenopei. Il Milan può contare su uno scontro diretto a Torino. Non ho detto che può pensare allo scudetto, ma lasciatemi alimentare una fiammella per questo campionato. Senza dimenticare che io ero tra quelli che aveva recitato il deprofundis della squadra di Allegri. Erano i primi di ottobre e il Milan pensava quasi di dover lottare per salvarsi.

E invece martedì andrà a Barcellona a giocarsi i quarti di finale di Champions con due gol di vantaggio, da favorito. Con le antenne dritte e la consapevolezza che sarà una battaglia durissima e soprattutto lunghissima. Ma un gol si può fare e allora sì che per i padroni di casa sarà durissima farne quattro. Il Nou Camp sarà una bolgia, Busquets proverà come suo solito a fingere qualche fucilata nel petto e ad un certo punto potrebbero azionarsi casualmente gli idranti. Ma, a parte questo, sarà una partita di calcio, e si giocherà in 11 contro 11. Qualcuno in Catalogna ha già pronunciato la parola remontada, e di solito quest’ultima non porta particolarmente bene al Barcellona. Chiedere informazioni a Mourinho.

Complimenti alla Fiorentina che espugna l’Olimpico battendo una Lazio stanca per le fatiche di coppa e fa capire che per la Champions può dire ancora la sua. Una vittoria importantissima, quella ottenuta in trasferta dalla squadra di Montella, con i gol della solita premiata coppia balcanica Jovetic – Ljiajc (e domani chiederemo ad Adele Meccariello di pronunciare correttamente i loro nomi). Se la scusa dell’Europa League vale per la Lazio, che se non altro ha onorato l’impegno europeo battendo a domicilio lo Stoccarda, non si può dire la stessa cosa per l’Inter. Dopo la debàcle di Londra contro il Tottenham (partita finita 3 a 0 ma che poteva finire anche con sette gol di scarto) un’altra prova sconcertante. Hai voglia a dire che l’Europa toglie energie quando poi giochi con Gargano, Schelotto e Pereira in mezzo al campo. Forse (tornando al discorso di prima) nella Juventus potrebbero integrarsi bene con un gruppo efficiente. O magari sono semplicemente inadeguati a questo tipo di palcoscenico. E se è vero che a San Siro il pallone scotta, è altrettanto vero che diventa rovente se i piedi sono a forma di ferro da stiro.

Se questo è il progetto, proviamo senza.

Un saluto e una cartolina ad Osvaldo e alle sue crisi di identità, al Cagliari, al suo stadio abusivo dal nome fighissimo e all’ottimo Guerrero che segna una tripletta e stende la Sampdoria. Al Pescara che cambia il terzo allenatore ma continua a perdere (tutto sbagliato, dalla campagna acquisti alla gestione del gruppo) e al Palermo che perdendo in casa contro il Siena saluta, forse definitivamente, la serie A. Fa specie che per fare questo popò di campionato Zamparini ha dovuto stipendiare tre allenatori e due (bravissimi) dirigenti: Lo Monaco e Perinetti. Sono sicuro che se avesse permesso almeno ad uno dei due di lavorare in autonomia, adesso staremmo parlando di altro. Ma sarebbe stato chiedergli troppo. E chissà se il vulcanico presidente adesso resterà anche in B o deciderà di comprarsi un altro giocattolo, magari lontano dalla bella Sicilia.

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La verità vi prego sul pallone #23

25 Feb

Nella notte delle creste tornano di moda i capelli lunghi. Quelli di Ezequiel Schelotto, italoargentino che merita l’Oscar per il miglior esordio. Quello nel derby di Milano. Il suo è il gol che non ti aspetti, quello che fa impazzire di gioia la curva nerazzurra: pareggiare con un gol del carneade è sempre una gran soddisfazione in tempi di magra come questi. Questo la dice lunga sulla partita dell’Inter. Nel primo tempo il Milan avrebbe meritato di andare avanti di tre gol. Solo uno strepitoso Handanovic (miglior protagonista) e un po’ di fortuna hanno tenuto a galla Stramaccioni. Poi è scesa la nebbia (strnao copione a Milano) e la partita è cambiata. L’Inter è venuta fuori pian piano, ha preso coraggio, ha sfiorato il gol con Guarin e alla fine l’ha trovato. Un punto che conta poco per la classifica, molto per l’orgoglio. L’Inter chiuderà un’altra stagione senza perdere il derby, acciuffandolo con una rete di un giocatore che a San Siro avevano già etichettato come brocco, a pochi giorni dall’impresa dei rossoneri contro il Barcellona.

Un’impresa che in pochi si aspettavano e che è arrivata senza Balotelli, giocatore che, restando in tema Oscar (visto che è periodo), nel derby vince il premio come miglior comparsa. Forse distratto dalla tensione o dalla voglia di strafare, fatto sta che Mario ha finito per innervosire anche la squadra e nel secondo tempo è stato più dannoso che utile. Niente di grave, solo un piccolissimo incidente di percorso. Darei poco peso ai fischi: un ex come lui, dopo le dichiarazioni d’amore sul Milan, non poteva certo essere accolto con i fiori. Questo non giustifica insulti e cori di nessun tipo, ma a volte si tende a mischiare il razzismo con l’antipatia generata da atteggiamenti da prima donna. E anche questa mi sembra demagogia. Giusto tornare sulla grande impresa di mercoledì: il Milan ha saputo aspettatare, non si è fatto irretire da quella fittissima (e onanistica) serie di passaggi chiamata Tiqui Taca ed ha colpito due volte con la concretezza delle squadre italiane di un tempo. I novanta minuti del Camp Nou, come dicono i catalani, saranno muy largos, ma in fondo un gol del Milan ci può scappare e allora si che il miracolo diventerebbe possibile.

Ammetto di non amare il Tiqui Taca. Nell’educazione sentimentale e calcistica della mia generazione, qualche palla lunga e pedalare in più di certi ricami sono un dna calcistico. Soprattutto per chi ha conosciuto Trapattoni, Mourinho e anche tanto calcio di provincia. E a volte duemila passaggi da due metri non ne valgono uno riuscito da trenta. E poi il calcio è bello anche per l’improvvisazione, l’errore, il caso, il colpo di testa di uno come Schelotto. Nel Barcellona tutto questo non accade. Tutto è perfetto, calcolato, non ci si affida mai al caso, all’improvvisazione. Un esempio clamoroso: siamo al 90′ di Milan – Barcellona e i catalani avrebbero bisogno di un gol per riaprire la doppia sifda. Calcio d’angolo. La metterà in mezzo, penso io. Giocano contro la squadra che ha preso più gol da fermo ed hanno Puyol, Pique, Mascherano. Un golletto di testa ci puà scappare. Invece no. Passaggino all’uomo a due metri, che la ripassa a chi ha battuto il calcio d’angolo. Altra rete di passaggi finche l’arbitro, anche lui in preda ad una crisi nervosa, fischia la fine. Va bene ho esagerato, ma se anche voi non provate simpatia per questo gioco date un’occhiata alla tesi di Michele Dalai e del suo Contro il Tiqui Taca.

Tra Milan e Inter, e la Lazio che giocherà stasera, spunta prepotentemente il Catania. Ne avevamo già parlato. Un lavoro cominciato qualche anno fa con Zenga, proseguito da Mihailovic e Montella e adesso da un magistrale Rolando Maran. Senza dubbi l’allenatore dell’anno. Uno che ci ha messo del tempo ad affermarsi. Ha dovuto subire un esonero ingiusto a Brescia (al suo posto fu chiamato Zeman), parecchie disavventure a Bari e che per rilanciarsi ha scelto la tranquilla Varese dove l’anno scorso stava per sfiorare l’impresa. Con grande professionalità e altrettanta tenacia ha attraversato l’Italia per trasferirsi dalla Lombardia alla Sicilia e abbracciare il progetto più europeo del calcio nostrano: quello di Pulvirenti e del suo laboratorio argentino. Segnatevi questo apputamento: domenica c’è Catania – Inter. Se gli etnei dovessero vincere non potrebbero più nascondere le proprie ambizioni, anche perchè supererebbero i nerazzurri. Peccato che mancherà Legrottaglie che, evidentemente scosso per le dimissioni del Papa, mette le mani adosso all’arbitro e compromette il suo campionato con almeno 4 giornate di squalifica. Conoscendolo si avvederà presto dell’errore e chiederà scusa. Per una Sicilia che ride c’è una Sicilia che piange: ho finito le parole per il Palermo. Terzo esonero e dentro di nuovo Gasperini. Sannino e Malesani hanno collezionato tre partite in due. Se questa è serietà, ditemelo voi.

Al tavolo dello scudetto è il momento di giocarsi tutto. La pressione per il Napoli è enorme. La Juventus fa il suo dovere e anche qualcosa di più. Vincendo una partita non facile e superando un ostacolo scomodissimo: il Siena di Iachini. In più ritrovando Chiellini, fondamentale per la difesa. Conte se la prende con il pubblico, reo di non aiutare la squadra, ma conoscendolo è solo un modo per compattare ancora di più l’ambiente. Il Napoli, prima dello scontro diretto, dovrà battere l’Udinese a domicilio. Non sarà impresa semplice, anzi. In sei giorni ci si gioca tutto, senza appello. Bene la Roma che vince la seconda partita consecutiva. Non era facile e adesso Andreazzoli può lavorare più tranquillo. Il pubblico ha già dimenticato Zeman e i suoi estremismi. Adesso la Roma è una squadra fatta di ottimi giocatori, responsabili delle proprie prestazioni nel bene e nel male. Giocatori di classe che hanno bisogno di un allenatore e di un motivatore, non di un Guru. Nella corsa Champions li terrei in considerazione. Due parole sul Cagliari che vince una partita epica, al 95′, contro il Torino (quando vedremo Cerci in nazionale?) in uno stadio vuoto e senza presidente. I sardi stanno facendo un altro ottimo campionato nonostante le mille difficoltà logistiche. Stadio inagibile, trasferte complesse, Società allo sbando. Sarà l’aria della Sardegna che fa bene ma vi prego ridate il Cagliari alla sua gente. Se la merita.

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La verità, vi prego, sul pallone #21

11 Feb

Poche vittorie in questa giornata, ergo chi ha vinto ha fatto un bel balzo in avanti. La Juventus per esempio. La partita non era affatto scontata, alla vigilia di un impegno importante. Va da sè che la Juve avesse tutto da perdere e invece i bianconeri hanno chiuso la pratica Fiorentina con sorprendente semplicità. Dopo turnover vari Conte sembra aver trovato la coppia d’attacco ideale. Se Vucinic è estro, Matri è (divenuto) concretezza. Per di più in un momento di grazia, visto che segna anche senza scarpa. Se ci mettiamo che Pirlo sbaglia un passaggio ogni 70 e Barzagli, da quando è tornato in Italia, avrà commesso in tutto 3 errori, ecco a voi la capolista.

La pratica Champions League è molto più che alla portata. Il Celtic non sembra un ostacolo insormontabile per questa Juventus formato Europa. Un po’ per il valore tecnico, molto perchè l’assenza forzata dei rivali storici dei Rangers ha ridotto il campionato scozzesse a qualcosa di più di un allenamento. Non è di certo l’Inverness seconda in classifica, famosa più per il mostro di Loch Ness che per la storia calcistica, a poter misurare settimanalmente la forza dei cattolici di Glasgow.

Il Napoli pareggia una partita difficile. Sotto di un gol (un gran gol del sempre più importante Floccari) e in difficoltà di gioco riesce a restare aggrappato alla partita grazie anche ad una discreta dose di fortuna e alla fine pareggia con una prodezza di Campagnaro. Certo, il punto lo fa scivolare a meno 5 dalla capolista ma un pareggio in casa della Lazio ci può stare eccome. Non inganni la classifica e la forza della Juventus. Il campionato è aperto e lo sarà almeno fino a venerdì 1 marzo, data in cui si giocherà lo scontro diretto, al San Paolo. E su un campo difficile come quello dell’Olimpico la Juventus dovrà andarci due volte, quindi ci andrei piano con le sentenze definitive.

Certo è che sulla sponda giallorossa non se la passano proprio bene. Se il buongiorno si vede dal mattino, quello del nuovo tecnico Andreazzoli si preannuncia travagliato. Chi pensava che sarebbe bastato togliere dalla naftalina Stekelenburg e De Rossi, stare più attenti alla fase difensiva e cambiare gli orari degli allenamenti dovrà ricredersi. Ma è presto per giudicare un lavoro appena iniziato. Quello che preoccupa è semmai la tracotanza con la quale Osvaldo toglie dalle mani, anzi ai piedi, di Totti un calcio di rigore per passarlo al portiere avversario. Non si era detto che c’era bisogno di regole? Da quando gli interessi personali “Per me è stata una settimana difficile” – dirà l’italoargentino a fine partita – vengono prima di quelli della squadra? C’è tempo per rimediare ma urgono subito chiarimenti. Brava la Sampdoria, in ogni caso. Delio Rossi è stato talmente bravo a rilanciare i blucerchiati che, nonostante la recidività, sorvolerei sul gestaccio a Burdisso. Se il giudice sportivo non sorvolasse sarebbe però cosa buona e giusta. Il gesto è volgare e merita una sanzione in termini di giornate di squalifica, non una lezione sul galateo.

Benino l’Inter. Siamo lontani dal bene bene del girone d’andata nel quale Stramaccioni si atteggiava a Yuppie. Ma il ritorno di Milito coincide (gurda il caso) con un gol e con una vittoria. La discreta prestazione dei nerazzurri assume un valore fondamentale in una giornata dove, come si diceva, tra le prime vincono solo in due e una di queste è L’Inter. Che rimette la freccia sul Milan e lo sorpassa. Sarebbe un gran bel duello questo per il quarto posto se solo il quarto posto valesse qualcosa. Ma in fondo la Lazio è lì ad una lunghezza e allora sì che ci si gioca una stagione. Il mezzo passo falso del Milan è fisiologico. Dopo la rimonta ci sta rifiatare. Certo è che quando Berlusconi fa una battuta (?) sul suo allenatore dicendo che El non capiss un cass non fa il bene della squadra. Che poi non ho inteso perchè l’abbia detto in dialetto veneto e perchè l’uso di quest’ultimo dialetto avrebbe dovuto trasformare la constatazione in battuta. A pareggiare ci pensa, tanto per cambiare, Balotelli. Procurandosi e trasformando un calcio di rigore. Infallibile.

Mi piace il Siena di Iachini. Forse non riuscirà a salvarsi (è ancora ultimo) ma intanto siamo al quarto risultato utile consecutivo e sono sicuro che il mister venderà cara la pelle fino alla fine. Come farà il Pescara. E come dovrebbe iniziare a fare il Palermo di Malesani che ha accettato una sfida difficile ma non impossibile. La squadra c’è e a memoria credo che l’impresa di Bologna (senza una società e con Di Vaio a pagare gli stipendi ai compagni) sia stata più complicata.

Mi sia consentito un salto in Sud Africa dove si è giocata la finale della Coppa continentale. La Nigeria ha battuto la Burkina Faso e si è aggiudicata il trofeo dopo 19 anni. Non un’eternità ma se pensiamo che questo ventennio ha visto la Nigeria come la massima espressione del calcio africano e che il titolo è arrivato proprio nell’anno in cui questa nazionale ripartiva quasi da zero, ecco spiegata la magia del calcio. Un calcio primordiale, passionale, quasi religioso, quello africano. Giocatori che piangono, giocatori che pregano, tifosi che ballano. Una nazionale come la Burkina Faso che rappresenta una delle economie più disastrate del mondo, che arriva in finale. In fondo è il bello di questo sport. E poco importa che mai si sia avverata la profezia di chi, dopo l’exploit del Camerun a Italia ’90, disse che nel giro di 10 anni il calcio africano avrebbe dominato in tutte le competizioni. Ne sono passati quasi 25 di anni e nel frattempo ci hanno provato la Nigeria, il Ghana, il Senegal e la Costa d’Avorio. Ma nessuna di queste nazionali è riuscita a mantenera la promessa. Chissà perché.

Nigeria campione

La verità, vi prego, sul pallone #19

28 Gen

A Napoli non stanno più nella pelle. Il che è molto pericoloso, conoscendo l’ambiente. Mazzarri dovrà lavorare da pompiere da una parte, cercando di non far divampare troppo l’entusiasmo dei tifosi e della città, e da incendiario dall’altra, cercando di approfittare della crisi nervosa che ha colpito (non per la prima volta) Conte e Marotta dopo la partita contro il Genoa. Le polemiche non ci interessano, i veleni meno che mai. Come diceva Vujadin Boskov rigore è quando arbitro fischia. E l’arbitro di Torino non fischia nè in un area, nè nell’altra. Piuttosto mi soffermerei sul fatto che la Juventus produce molto e segna poco. Le punte sono tante e i giocatori che risolvono le partite sono pochi. Anche Vucinic sembra appannato. E stavolta Conte subisce anche il gol dell’ex da Borriello, che non esulta nonostante i fischi (ingenerosi) che i suoi vecchi tifosi gli riservano. Da domani si aggregerà al gruppo il nuovo acquisto Anelka. Dieci anni fa se lo contendeva mezza Europa. Il carattere gli ha giocato brutti scherzi, come quando disse che non avrebbe mai cantato la marsigliese e che nella nazionale francese la colpa veniva scaricata sempre sui neri e mai sui bianchi alla Gourcouff. Ma questo è il passato. Oggi gente come Carlo Ancelotti parla di un grande professionista. Bisognerà valutare la forma di un giocatore che viene dal campionato cinese, non il più competitivo del mondo, ed ha 34 anni, non più 24 come quando aveva un caratteraccio.

Il Napoli si diceva. La vittoria degli azzurri è fondamentale perchè arriva dopo un passo falso (stavolta intero, non mezzo) della Juventus e in un turno che sulla carta sfavoriva la squadra di Mazzarri. Che ha avuto anche la forza di tornare in vantaggio dopo essere stata raggiunta e per di più sul campo dell’unica squadra imbattutta in casa. Confermo le mie impressioni sul Parma ma credo che, al netto della bellissima prestazione di Cavani e compagni, non sia un caso che la prima sconfitta arrivi dopo la cessione di Zaccardo, un giocatore troppo sottovalutato e per molti famoso solo per aver segnato un autogol al Mondiale del 2006. Il Milan, a parer mio, ha fatto un ottimo affare a comprarlo. Donadoni si riorganizzerà, ne sono sicuro. Ora che il Napoli è a meno 3 il più grande errore sarebbe quello di nascondersi. Anche perchè, in questo campionato livellato verso il basso due campioni come Hamsik e Cavani non li ha nessuno.

Lo scontro diretto si gioca al San Paolo tra qualche settimana. La Juve andrà anche a San Siro, all’Olimpico (due volte) e dovrà fronteggiare un febbraio tremendo, con il ritorno della Champions. La Lazio si è suicidata. Prima o poi la striscia positiva doveva interrompersi, succede quando sei in rimonta, certo è che la sconfitta contro il Chievo brucia e adesso si diventa meno credibili a parlare di scudetto. Certo che la Lazio senza Klose è una mezza squadra, e non solo perchè non segna. Nelle ultime 10 giornate è il Milan la squadra che ha fatto meglio. Ad Allegri i miei complimenti. Ha saputo resistere, raddrizzare una squadra allo sbando facendo scelte coraggiose come il sacrificio di Pato e Robinho, ha lanciato dei giovani (Niang su tutti), ha richiesto giocatori utili come Zaccardo e si è rimessa in scia. Non vincerà lo scudetto e forse uscirà agli ottavi di Champions (il Barcellona è troppo forte) ma può arrivare terza e questo sì sarebbe un miracolo da parte di Allegri.

Delude ancora l’Inter. Con un centrocampo senza fantasia e con uno schema solo: aspettare la fiammata di Guarin. Cassano accende la luce a sprazzi e per il resto lo spettacolo lo da il Bari, pardon il Torino, con un Meggiorni strepitoso. La sua cresta è più discreta di quella di El Sharaawi ma il ragazzo farebbe la fortuna di molte squadre con i suoi movimenti. Ventura lo sa bene. La Roma e la Fiorentina fanno a gara a chi perde più occasioni. I viola non possono pensare di arrivare in Champions League senza un centravanti, ma soprattutto senza un portiere. Ma siamo sicuri che Neto sia più affidabile di Viviano? Intanto complimenti al Catania, che arriva a 35 punti e si conferma un laboratorio interessantissimo di squadra europea, non solo italiana. Una squadra che cambia allenatori, giocatori, addirittura DS (pochi si sono accorti che Lo Monaco è andato via) ma mantiene un’identità fortissima. Il merito è di Pulvirenti e di alcuni dirigenti che lavorano nell’ombra per portare in Sicilia giocatori come Gomez e Castro e rigenerare vecchi marpioni come Legrottaglie. A loro la mia copertina. Meritata.

Stupisce ancora Icardi. Il giovanissimo attaccante della Sampdoria segna 4 gol ed entro un paio di settimane deciderà se giocare nella nazionale argentina o in quella italiana. Una cosa è certa: ci troviamo di fronte ad un talento vero, purissimo. Pare sia anche un ragazzo con la testa sulle spalle, nonostante i 19 anni. E difficilmente resterà a Genova un altro anno. Chiudiamo con una parentesi sul calcio internazionale. Ogni domenica un dirigente del Galatasary si sveglia e compra un top player. Oggi è il turno di Drogba. Lo voleva la Juve, lo voleva il Milan, e alla fine è andato in Turchia. A Istanbul sognano in grande. Credo sia lo specchio di una nuova economia. Chi l’avrebbe mai detto.

L'esultanza di Legrottaglie

L’esultanza di Legrottaglie

La verità, vi prego, sul pallone #18

21 Gen

La crisi aguzza l’ingegno. E se permettete aiuta i talenti. In passato succedeva negli altri campionati d’Europa, Inghilterra e Germania in primis. In Italia no. Perchè qui i giocatori dovevano essere pronti, maturi e arrivati. E i giovani erano costretti ad aspettare il loro momento in panchina o andare in prestito in provincia. La morale è che la fuga dei campioni ha permesso di scoprire nuove preziose risorse. Non tutto il male viene per nuocere. Basta rendersi conto della nuova dimensione. Quello italiano è un campionato come tanti. Non fa più notizia che un irascibile genio svedese vada a giocare in Francia o che un talentuoso quanto capriccioso olandese trovi il suo nuovo Eden in Turchia, a Istanbul. Ci tornerò.

Quello che è certo è che giocatori come Pogba, Nyang, lo stesso Benassi e Livaja, hanno una grandissima possibilità di mettersi in luce. Il potente centrocampista della Juventus ha già incantato tutti. I suoi due gol (incredibile il primo) spaccano la partita contro l’Udinese e forse il campionato. Nell’eterno inseguimento tra anti-juve che ci guadagna, a domeniche alterne, è sempre la Juve. Certo nessuno si aspettava questo impatto sul campionato da parte di cresta gialla Pogba, un giocatore abilmente strappato dalle grinfie del Manchester United e che adesso può davvero rapprensentare il futuro della Juventus. Di certo, il futuro, lo rappresenta Nyang per il Milan. Il ragazzo ha stoffa, numeri e personalità. Al netto dell’incredibilie episiodio della guida senza patente con relativa bugia alla pattuglia sulla sua identità (disse di essere Traorè), giova ricordare che l’attaccante senegalese ha solo 18 anni. Una cosa è certa: oggi quel poliziotto lo riconoscerebbe subito. Poco non è.

Si è parlato di lui, si è parlato di El Sharaawi eppure al Milan si continua a vociferare di un possibile arrivo di Kakà e Balotelli. Considerato che non potrebbero neanche giocare in Champions, il mio parere, romanticismi e dispettisimi a parte, è un secco no. Tanto vale puntare sui due neomaggiorenni e su Pazzini che, comunque, i suoi gol li fa sempre. Sono già 10, zitto zitto. Sommati ai 14 del piccolo faraone, siamo a 24. Sicuri che i rinforzi del Milan vadano ricercati in attacco?

A Roma va in scena una bella partita, soprattutto nel primo tempo. Tra due squadre che difficilmente potranno dire la loro per la corsa scudetto. Peccato. La Roma ha fatto un punto nelle ultime tre partite. Io credo chei giallorossi siano migliori della loro classifica, ma tant’è. L’Inter di stasera non aveva molto da dire. Priva di mezza squadra, ha fatto quasi tenerezza la grinta con la quale Guarin, in pieno stile Fuga per la Vittoria, ha provato a giocare da solo. Lasciatemi spendere una parola per Livaja, altro giovane interessantissimo. La naturalezza con la quale mette il pallone a terra è pari alla sua confidenza con i pali della porta. Il tempo di aggiustare la mira e avremo un bell’attaccante. Pochino, per l’Inter. Vedendo la partita pensavo che solo tre anni fa questa squadra vinceva tutto, e faceva tremare il mondo. Sono passate 2 stagioni e mezzo, 5 allenatori e troppi calciatori, per completare quello che, a memoria, mi pare uno dei più grandi ridimensionamenti della storia recente del calcio. E questo la dice lunga sulla gestione che ha portato a quei successi. Debiti, plusvalenze, ricapitalizzazioni. Forse ne valeva la pena, ma questo è il prezzo da pagare. E sarà un mutuo piuttosto lungo.

Si chiude la vicenda Snajider con reciproca soddisfazione. L’olandese parla già come se avesse coronato il sogno della sua vita (in fondo ci ha messo solo 20 giorni a decidere) e l’Inter si è tolta un peso, soprattutto dal libro paga. Sette milioni e mezzo non sono tantissimi, anzi. Sono la cifra che chiede l’Atalanta per Schelotto. A voi le considerazioni, ed evito battute sui 33 milioni spesi un tempo per Quaresma. La geografia del calcio è cambiata, si diceva. Il Galatasaray rappresenta un economia in crescita (la Turchia), una città di 20.000 abitanti e una squadra che giocherà gli ottavi di Champions. Non esattamente gli ultimi arrivati. Ci andrei piano con le ironie. Una la faccio io: più che l’olandese ci mancheranno la moglie Yolanthe e i suoi tweet. In settimana Guardiola, l’allenatore più corteggiato del mondo, ha firmato con il Bayern Monaco. Anche qui conta un dato: i bavaresi sono un azienda in attivo. Non ho detto con i bilanci a posto, ho detto in attivo. E se loro parlano di progetto, lo fanno a ragion veduta. Tornando in Italia, da segnalare un nuovo esonero. Era nell’aria quello di Del Neri. Fatto sta che Preziosi raggiunge quota 3 allenatori seguito da Zamaparini e Cellino a 2. Nulla di nuovo sotto il sole e non mi sorprenderei di dover aggiornare la classifica a breve. Più che giochi Preziosi, giochi masochisti.

Ho già detto del Parma, non ho detto di quanto è forte Belfodil. Avrò tempo e modo in futuro, non ne ho dubbi. Una menzione per il Torino, che vince a Pescara con una squadra che ricalca per 6 undicesimi (7 con l’allenatore) quella del Bari di 2 anni fa. Anche qui sembra passato un secolo, invece sono proprio loro, Barreto, Meggiorini, Glik, Gillet e compagnia bella che in serie A ci stanno benissimo. Magari con un Almiron e un Donati in più. Qualcuno, un giorno, dovrà dirci davvero chi ha rotto quel giocattolo e perchè. E come dicono i ragazzi di Non Cresce l’Erba, ce lo dovranno dire in faccia. Vero Danilo?

L'olandese è già arrivato nella sede del club Turco (foto ufficiale Galatasaray FC)

L’olandese è già arrivato nella sede del club Turco (foto ufficiale Galatasaray FC)

61) Bari – Inter, 16 gennaio 2010 – U Bàr iè fort (?)

20 Dic

Non provate a cercare un biglietto. Non lo troverete. Non provare ad avvicinarvi al San Nicola perchè questa è una di quelle notti in cui si fa la storia. I tifosi lo sanno e i tagliandi vanno a ruba prima ancora di essere messi in vendita. La crisi c’è, ma il barese lo sa che un momento come questo potrebbe non tornare più. Questione di abitudini. Troppe volte è già capitato. Sappiamo la storia, la conosciamo a memoria anche se ogni tanto ci illudiamo che non sia così. Ma è una nenia, e abbiamo imparato a conviverci. Allora tanto vale approfittare. Il girone di andata è finito con il Bari tra le grandi. Battuta anche l’Udinese nel giorno dell’epifania, la sconfitta di Firenze di una settimana dopo (con gol di Castillo che non esulta) è solo un incidente di percorso. Immeritato tra l’altro. Il Bari gioca bene, corre, mette in difficoltà l’avversario, in casa e fuori. Diverte.

Arrigo Sacchi ringrazia in eurovisione Ventura per lo spettacolo e l’organizzazione. Più che la sconfitta preoccupa l’infortunio capitato al giovane Andrea Ranocchia. Il difensore, in odore di convocazione mondiale, dovrà rinunciare a questo sogno. Sei mesi di stop per lui. Il Bari perde il centrale più forte, ma Ventura saprà sopperire con l’organizzazione difensiva e lo spostamento di un giocatore che non voglio più nominare a questa pesantissima assenza.Il biglietto ce l’ho. L’ho pagato, anche se allo stadio potrei andarci gratis, come tesserato FIGC. Ma è meglio non rischiare. Si gioca di sabato sera, il 16 gennaio del 2010. L’atmosfera è elettrizzante. Casse al massimo del volume, telecamere ovunque, la sensazione di essere ad un passo dell’Europa, e non solo per la classifica. Mourinho fa un giro di campo e sembra fare con la testa. Si sa che Josè ama collezionare cartoline dagli stadi, e questo è di suo gradimento. La cornice di pubblico, l’avversario, i colori rendono questa sfide più affascinante di quello che pensava. Per la sua testa passano molti pensieri e sicuramente diverse certezze. Il triplete è solo un sogno, non un’ossessione. E il Bari non è il Barcellona, ma a fine stagione sarà una delle poche squadre a non aver perso contro la corazzata nerazzurra.

Ventura resta fermo, a bordo campo. Raccoglie gli applausi della curva e quelli della tribuna est. Guarda i suoi ragazzi da bordocampo, non dice niente, li osserva come un insegnante di calcio. Chissà se per la sua testa passa il pensiero di un altra notte magica. Era sabato sera e c’era Sky. L’avversario era la Juventus. E fu demolito. Ma questa Inter è un’altra cosa. Lo sanno tutti. C’è Milito, c’è Balotelli, c’è Pandev, c’è Snejider. La formazione fa tremare i polsi. Ma il Bari, all’andata, ha già fatto uno scherzo ai campioni d’italia. Una partita perfetta e un pareggio dolcissimo, come prologo di un campionato indimenticabile. Passano i minuti e l’atmosfera si fa sempre più magica. Parte l’inno, Bari grande amore, e lo stadio cerca la migliore prestazione. Canta a squarciagola. Come se ogni barese, attraverso la tv, volesse entrare nelle case degli italiani a ricordare che sì, ci siamo anche noi e non siamo inferiori a nessuno. Nel Bari manca anche Almiron, ma non si vede. La prima occasione è per Sneijder. Un tiro insidioso che da l’illusione del gol. Il primo brivido. E l’ultimo, del primo tempo.

Alvarez si avventura in diversi uno contro uno. Li vince e va puntualmente sul fondo costringendo la difesa dell’Inter ad affannosi recuperi. C’è da stropicciarsi gli occhi e darsi dei pizzicotti ogni tanto. Per capire se è tutto vero. Da manuale l’azione che al 31′ vede Koman servire Parisi con un no look. Tiro di prima e respinta del portiere. Barreto alterna guizzi brucianti a rifiniture brillanti e solo un grande Julio Cesar evita all’Inter di capitolare nei primi 45 minuti. Quelli che ricorderemo per aver visto una piccola squadra giocare da grande e una grande (per i sacri almanacchi una delle più grandi) giocare da provinciale. L’intervallo ha il sapore del Borghetti e delle caldarroste portate da casa. Siamo a un passo dall’Europa, d’accordo, ma con le nostre tradizioni. Qualcuno tira fuori dallo zaino panini con la braciola con tanto di stuzzicadenti per tenerla arrotolata. Se proprio un giorno arriveremo a giocare l’Europa League (adesso la chiamano così, e noi che sognavamo la Coppa Uefa) vogliamo farlo così. Con i nostri panini, la braciola, gli gnimirridd. Non è questa, in fondo, la vera magia del calcio? Il Bari ricomincia a correre con un ritmo ancora più forsennato. Chi credeva che le energie fossero finite dopo il primo tempo deve ricredersi. Il tempo di una bella punizione di Sneijder. Gillet si allunga e devia in angolo. Come un gatto. Il Gatto di Liegi mette la sua firma sulla partita.

Poi succede che Gazzi lancia Meggiorni che taglia la difesa in due. Cross al centro e mani plateale di Samuel. Calcio di rigore. Meggiorini esulta come se avesse segnato. Io predico la calma. Come al solito. Non riesco mai a godermi qualcosa per intero. Maledetta saggezza. Il minuto è il 15′ e Barreto spiazza Julio Cesar. Delirio. Passano due minuti. Koman legge la sovrapposizione dello scatenato Parisi. Che si beve Lucio come un bicchiere di vodka. Secco. Lucio lo stende e costringe l’arbitro ad assegnare il secondo rigore della serata. Barreto cambia angolo, ma la musica è la stessa. 2 a 0 e stavolta mi sembra davvero di sognare. Lo stadio diventa una discoteca. Si canta (in un inglese discutibile, l’Europa è ancora lontana), si salta e si balla. Barreto mostra a tutti la maglia di Ranocchia. Nel trambusto si sente una voce. Viene dalla curva e resterà nella storia. Dice una frase semplicissima, ma riassume tutti i nostri sentimenti: “Moooo… e chiss so l’ cambiun? E u Bàr c’cos ie?? Uagnù, U Bàr iè fooort!!*” Ecco, avrei voluto fermare il tempo in quell’istante. E forse l’ho fatto. L’Inter di Mourinho era troppo forte per non riprendere in mano quella partita. Un tiro di Balotelli al 23′, una carambola, il pallone che finisce tra i piedi di Pandev bravo a non farsi ingolosire dall’assist a Milito in fuorigioco. 2 a 1. Manca troppo tempo. E infatti 5 minuti dopo Bonucci atterra Pandev. Meriterebbe il rosso, per onor di cronaca. Ma ci va bene. Solo rigore. Che Milito trasforma. 2 a 2.

Adesso un’altra squadra qualunque perderebbe la partita. Invece il Bari reagisce. E Barreto mette Alvarez solo davanti al portiere. Stavolta l’hondurenho si impappina. Sbaglia il controllo e perde l’attimo per la disperazione dei 50.000 del San Nicola. E non è l’ultima occasione. Meggiorini inventa un tiro da fuori insidiosissimo, che per poco non riporta il Bari in vantaggio. Il Bari non concede all’Inter altre occasioni. Mourinho non riuscirà a battere il Bari. Sarà festa, nonostante il pareggio e il sogno accarezzato. Sarà una notte da non dimenticare mai. Uno dei punti più alti della storia del Bari. Torno a casa felice ma un po’ rassegnato. Essere tifosi del Bari vuol dire anche questo. Come quando da bambino, per le feste di Natale, non vedi l’ora che arrivi il gran giorno e poi, il 25 dicembre, sei felice al massimo fino alle dieci del mattino, quando ti ritrovi in camera tua sommerso di confezioni regalo scartate che ti sei goduto per una mezz’oretta e tutto d’un tratto vieni avvolto da un velo di tristezza che a dieci anni, e con una famiglia ancora unita e felice, non ti sai spiegare. Non capisci perché, un secondo dopo essere stato così felice, tu possa essere così triste. La fregatura è che con il tempo impari a farlo e quel senso di vuoto impari a conoscerlo e infine anche a prevederlo. E il giorno in cui riesci a prevedere le tempeste non riesci più a goderti nemmeno la quiete (tratto da Domani no, romanzo in uscita a Gennaio, edizione Gelsorosso)

* trad: “E questi sarebbero i campioni di cui tanto si parla? E il Bari che cos’è? Signori miei, il Bari è forte!”

Prossima puntata: Bari – Juventus, 23 febbraio 1992 

Barreto mostra la maglia di Ranocchia

La verità, vi prego, sul pallone #15

17 Dic

La notizia è che la Juventus è campione di inverno. E questo titolo è molto meno simbolico di quello che sembra. Nel 90% dei casi, la statistica dice che chi conquista questo traguardo (a dicembre) a maggio è campione d’Italia. Non vedo come il campionato 2012-2013 possa sfuggire a questa regola. Non tanto per lo strapotere bianconero. Anche oggi la Juventus ha trasformato una partita insidiosa (l’Atalanta aveva battuto il Napoli e l’Inter) in una passeggiata. E questo riesce solo alle grandi squadre. Quelle che nell’arco di un girone dimostrano una continuità spaventosa. E dopo un passo falso vincono tre partite consecutive. Rispetto all’anno scorso la Juventus ha perso due partite (contro zero) ma in compenso ha pareggiato molto meno e adesso si trova a gestire un vantaggio importantissimo su inseguitrici che non ci sono. Infatti è questa, più dei gol di Vucinic, Pirlo (che punizione la sua) e Marchisio (sempre più decisivo) la vera notizia.

Dietro la Juventus c’è il vuoto. Napoli, Inter e Lazio, rispettivamente distanti 8 e 9 punti alternano domeniche di gloria a scivoloni improvvisi, dandosi il cambio al secondo posto e favorendo la fuga di chi sta davanti. Oggi è toccato al Napoli, alla seconda sconfitta consecutiva. Ma se perdere a San Siro contro l’Inter ci sta, non si può dire la stessa cosa dopo la sconfitta in casa contro il Bologna. Anche se quello del San Paolo è stato un ottimo Bologna, ben messo in campo da Pioli e con un grande Portanova. Si è parlato poco di lui in questi mesi, eppure ha avuto la stessa squalifica di Conte.

Certo che se si considera fuori dai giochi la seconda, non vedo chi possa dare filo da torcere alla capolista. Forse non l’Inter. Anche la squadra si Stramaccioni alterna prestazioni convincenti ad altre abuliche. Non è il caso della partita dell’Olimpico ma gli almanacchi raccontano un’altra sconfitta. All’inizio dell’anno soffriva in casa e dominava in trasferta. Adesso accade l’esatto contrario e con quella di Roma le sconfitte di fila, fuori casa, sono quattro. Inizia a sentirsi l’assenza di chi potrebbe illuminare il gioco, a volte prevedibile, dei nerazzurri. Moratti e Branca devono decidere cosa fare. O Sneijider rientra (magari senza twitter), oppure si vende e si sostituisce. Bene la Lazio, ma i punti dicono che anche i biancocelesti sono una squadra altalenante. Più solida di Napoli e Inter ma comunque poco costante. La vittoria di sabato è figlia di una prestazione tenace e di un Klose maestoso. Se la Lazio dovesse arrivare sopra il Napoli e l’Inter non mi sorprenderei.

Di più non scommetterei. Il resto della giornata racconta un’altra bella vittoria del Milan. Allegri sta bene, la squadra anche. I rossoneri mi ricordano molto l’Inter dello scorso anno che scalò diverse posizioni prima di arenarnsi per lo sforzo di quella rimonta. Ovviamente i milanisti sono liberi di toccare ferro. E comunqe questo Milan ha dei giovani interessantissimi e una prospettiva rosea. Tutto sta ad aver pazienza e non illudersi che sia questo l’anno della rivincita. La Roma inciampa sul più bello. Un po’ su dei rigori reclamati (e chi li ha visti?), un pò sulla nebbia e alla fine torna da Verona con le classiche pive nel sacco. Torna alla vittoria la Fiorentina con un Toni che sembra davvero tornato quello dei tempi belli e un Pizzaro che segna e dedica il gol alla sorella scomparsa da poco. A parte i facili romanticismi credo sia lui il segreto del bel giocattolo di Montella. Un giocatore che sa dettare i tempi come pochi e che, a mio parere, non è mai stato valorizzato quanto avrebbe meritato. La sconfitta del Siena costa la panchina a Cosmi. Un allenatore che io stimo tantissimo. In bocca a lupo.

Momento difficile per molti portieri. Avevamo parlato di Viviano che infatti nel derby contro il Siena si è accomodato in panchina. A Roma Zeman ha ormai scelto Goicoechea al posto del vice campione del mondo Stekelenburg. La società non è felicissima, ma si adegua. Pare che l’uruguaiano sappia comandare meglio la difesa e a Zeman non interessa quanto guadagnano i suoi giocatori (altrimenti De Rossi sarebbe titolare sempre). Non se la passa bene neanche Gillet a Torino. Fonti certe mi riferiscono che la società è a caccia di un sostituto. A questo punto l’ex portiere del Bari potrebbe tornare in Belgio, o chissà. Mi affaccio un attimo in serie B per segnalrvi che a Cesena segna l’ottavo gol consecutivo un certo Davide Succi. Uno degli attaccanti italiani più prolifici, quando giocano. Se non l’avessero penalizzato svariati infortuni avrebbe fatto tutt’altra carriera. Ieri mattina si è giocata anche la finale di Coppa del mondo per Club. Il Chealsea di Benitez ha perso contro i brasiliani del Chorintians, squadra di Paulinho. Il titolo torna in Sudamerica dopo 6 anni. E Materazzi si toglie un bel sassolino dalla scarpa. Il suo tweet dopo la gara parla più di mille parole. Fortuna che a Materazzi Twitter non possono toglierlo.

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La verità, vi prego, sul pallone #10

11 Nov

La verità è che i derby sono indigesti a Zeman. Con un intervallo di 13 anni il boemo ha ricominciato da dove aveva finito: con una sconfitta. In settimana aveva dichiarato che per De Rossi questa partita era più importante di quanto lo fosse per lui. Si è visto. Peccato che per capitan futuro (futuro che forse non arriverà mai visto che Totti continua a giocare e la cessione di DDR appare tutt’altro che improbabile) dare tutto significa anche farsi giustizia da solo. Cazzottone a Mauri e Roma in 10 prima delle fine del primo tempo. Se ci mettiamo anche la papera di Goigoichea (inguardabile quella respinta sulla punizione di Candreva) e l’errore di Osvaldo all’ultimo minuto il quadro è completo. La colpa non può essere solo di Zeman anche se a onor del vero, ultimamente, il boemo sembra più un opinionista che un allenatore. Una squadra non può fare sempre 4 gol per vincere. La Lazio ha ribaltato in una settimana il suo campionato. Dallo 0 a 4 di Catania al 3 a 2 nel derby. Gli ultimi successi dei biancocelesti nei derby recenti possono essere spiegati anche con il fatto di non avere tra le proprie fila giocatori tifosi come Totti e lo stesso De Rossi che sentono un po’ troppo questa partita. Meglio l’impassibile Klose, sempre puntuale e continuo. E poco importa che l’avversario si chiami Roma, Chievo, Inter o Siena. Lui è il grande valore aggiunto di questa squadra. Per dirla con i paroloni di quelli della TV, un toppleier bello e buono, anche a 34 anni suonati. La giornata sorride alla Juve. Prima di tutto perchè in una settimana, segnando 10 gol, i bianconeri cancellano la sconfitta con l’Inter e riprendono una marcia che prima o poi doveva interrompersi. Ritrovando il gioco, la velocità, la difesa, le geometrie di Pirlo, i gol di Quagliarella. Ora Bentder può riaccomodarsi in panchina. Chissà perchè sabato scorso, uscito Vucinic, Conte ha pensato al danese e non a qualcun altro. Il dubbio mi resta. Sei gol sono tanti su qualunque campo. Anche a Pescara (curioso che Stroppa viene messo in discussione quando vince e non quando ne prende 6). Ma la vera vittoria della Juve arriva nel posticipo, con la sconfitta dell’Inter. Una sconfita che ridimensiona la banda Stramaccioni ma, a mio parere, non la taglia fuori. I nerazzurri non avevano vinto il titolo sabato scorso, non l’hanno perso oggi. Per di più contro un’Atalanta che ha già battuto Milan e Napoli e gioca davvero un bel calcio(avrebbe 20 punti) con degli interpreti (italiani) davvero interessanti: Cigarini, Peluso e Bonaventura su tutti. Bravo Colantuono. Si riaffaccia prepotentemente il Napoli sulla scena. Cavani segna il suo quinto gol in 4 giorni. Un mostro. Con Falcao, attualmente, il miglior numero 9 del mondo. Ma nonostante la vittoria rimango convinto che in estate sia stata sottovalutato un fattore: la partenza di Lavezzi. Lui era il giocatore che spaccava le partite e le difese. Lui era l’imprevedibilità. Questo Napoli è più concreto, più funzionale, ma meno imprevedibile. Ha comunque 9 punti in più dell’anno scorso e dirà la sua fino in fondo. Batte il Genoa che perde la quinta partita di fila (quattro con Del Neri). La Sampdoria è arrivata a sette. E domenica c’è il derby di Genova. Auguri. Credo che non sarebbe una buona idea affidare al derby il destino di uno dei due allenatori (la Samp è ancora scottata dall’esperienza di due anni fa quando cambiando tre allenatori finì in B, mentre Del Neri ha bisogno di tempo per far funzionare la squadra) però appare inevitabilmente così. Si preannunciano scintitlle. Copertina alla Fiorentina. Tre gol a San Siro, quarto posto e la palma della squadra che gioca il miglior calcio. Senza grandissimi nomi, ma con un grande collettivo (oggi mancava Jovetic). Il Milan affonda e rischia seriamente di disputare un campionato anonimo e senza ambizioni. La verità è che questa squadra può perdere con chiunque. Non mi sembra che Allegri possa dare ancora molto al Milan, ma forse questa è una mia impressione. In coda sempre più critica la situazione del Bologna che rischia seriamente di andare in B (come Bologna, battuttaccia) nonostante stia costruendo un ambizioso centro sportivo per far allevare giovani campioni. Un po’ il destino di questa Società che 30 anni fa retrocesse nonstante i 9 gol di un ragazzino di 17 anni che si rivelò uno dei più grandi talenti del calcio italiano: Roberto Mancini. In bocca a lupo.

Per quella romanticona di Adele: l’immagine calcistica più bella della settimana è quella di Rod Stewart, tifoso del Celtic Glasgow che, dopo la vittoria della sua squadra in Champions League contro il Barcellona, scoppia in lacrime. Davide che batte Golia ha sempre il suo fascino. E se anche la leggerezza ha il suo aspetto pesante, piange anche un cantate (cit.) Persino una Rock Star dura come lui. Emozioniamoci ancora.

A domani, su Controradio!