Tag Archives: Milan

La verità, vi prego, sul pallone #33

5 Mag

La verità, per oggi, la dicono gli almanacchi. Gli scudetti della Juventus sono semplicemente tantissimi. E la maggior parte di questi assomigliano molto a quello di questa stagione. Sono scudetti meritati, conquistati con autorevolezza, potenza e classe. E fa niente se nella mente dei romanisti ci sarà sempre un Turone, o in quella degli interisti un Ronaldo o un Ceccarini di troppo. Per la legge dei grandi numeri non tutti i titoli possono essere limpidi. Ho detti grandi numeri, come quelli della Juventus di Conte. 26 Vittorie e solo 5 pareggi (come l’Inter, che però ha perso ben 14 partite) a fronte di 4 sconfitte. Non pochissime per una squadra imbattuta l’anno scorso, non molte in un campionato tutte hanno perso mediamente molto.

A memoria non ricordo, negli ultimi anni, uno scudetto così limpido. Forse solo quello del 2007, vinto dall’Inter di Mancini, ma ad onor del vero va detto che l’Inter giocava praticamente senza avversari. Quindi complimenti a tutti: ai giocatori, a Conte, a Marotta, a Nedved (scelta azzeccatissima quella di inserirlo nel Cda) e persino a quell’antipatico di Agnelli. Se devo essere sincero non mi è piaciuto lo striscione con il 31 in bella mostra. Ripeto, gli scudetti sono tanti, la polemica potrebbe iniziare oggi e finire tra 100 anni, il celolunghismo (29? 31?) non è la mia specialità, ma in ogni caso non gradisco il fatto che si vadano spernacchiando le istituzioni (siano esse sportive o legali) e il buon senso e soprattutto che si debbano riabilitare figure come quelle di Moggi e Giraudo, che a questo punto sarebbero innocenti.

Possono farlo i tifosi, non dovrebbero farlo i giornalisti, meno che mai una Società che fa (o dice di fare) dello stile un vanto. La chiudo qui, ognuno è libero di festeggiare gli scudetti che gli pare, ma sono stufo di spiegare al mio cuginetto di 6 anni cosa diavolo sia successo col conteggio degli scudetti bianconeri e mi auguro di non dover spiegare la stessa cosa a mio nipote tra 50 anni quando i titoli saranno 60 (o magari 62?). A meno che non vogliamo considerare validi anche l’oro olimpico di Ben Johnson o i sette tour di Lance Armstrong. Insomma avrete capito che questo rimanere attaccati, in maniera così puerile ai due scudetti “viziati” mi sembra poco juventino e poco in linea con una storia vincente. Talmente vincente da fare invidia. A tutti.

Adesso la Juve deve pensare al futuro. Non sono d’accordo con chi dice che basterà poco per tornare a dominare in Europa. Non credo nella teoria del toppleier che cambia il corso della storia. La Juventus ha un impianto collaudato, la crescita di Barzagli, Bonucci e Vidal è stata impressionante, ma ho come l’impressione che un giocatore non cambierà questa squadra. Penso all’Inter di qualche anno fa che dominava in lungo in largo in Italia per poi prendere sonore batoste in Europa. Cambiava poco, anno dopo anno, pensando di inserire di volta in volta il tassello giusto. Una volta il terzino, un’altra la seconda punta. Poi arrivò Mourinho e non successe nulla di nuovo. Finché la cessione di Ibra portò soldi in cassa e l’Inter cambiò modo di giocare aggiungendo, in un colpo solo, Lucio, Snejider, Motta, Milito ed Eto’o ad una squadra che in Italia non aveva rivali. Con i risultati che sappiamo. Poi dilapidati (almeno per quanto riguarda la cifra tecnica) nelle annate seguenti. Amen.

Complimenti anche al Napoli e al Milan che consolidano la loro posizione in Champions. Ora c’è da capire se Cavani resterà oppure se anche lì ci sarà da ricostruire. E per quanto il bomber uruguaiano sia mostruoso, anche in questo caso non è detto che sia un male. Lo stesso Napoli è una squadra difficilmente migliorabile. Mazzarri lo sa sa, e per questo sono piuttosto sicuro che il suo futuro sia a Roma. Si parla di Guidolin al suo posto. Ecco, non vorrei deludere nessuno, anche perché nutro grandissimo rispetto per il tecnico dell’Udinese. Credo però che sia un grandissimo allenatore per un ambiente tranquillo. Anche per questo, più volte, gli ho sentito fare dichiarazioni di amore eterno alla città di Udine. Ho paura che un carattere mite come il suo potrebbe incontrare qualche problema a Napoli, come li incontrò a Palermo. Mi auguro eventualmente di sbagliarmi anche perché la squadra di De Laurentis è ancora destinata a crescere. Mario Sconcerti ricorda spesso che si tratta dell’unica grande città europea con una solo squadra. Un dato da non sottovalutare, considerando il bacino di tifosi e di pubblico.

Vecchietti terribili: Di Natale arriva a 20 gol, Klose, segnandone 5 in un colpo solo (mi piacerebbe chiedere a Pektovic il perché della sostituzione ad un passo dal record assoluto) raggiunge quota 15. In due fanno quasi 70 anni ed entrambi erano stati dati per finiti già da qualche anno. Forse qualcuno dovrebbe riconsiderare il fattore età, e smetterla di pensare che un attaccante, a 30 anni, abbia già dato tutto. Una cosa è puntare sui giovani, una cosa pensare che non si possa fare un contratto di 4 anni ad un ragazzi di 31 anni in buona salute, fisica e mentale. In coda vittoria importante del Genoa che si stacca dalle ultime 3, ma non è finita qui. Devono fare molta attenzione Sampdoria e Torino, che pensavano di essere già salve. Un altro passo falso (mercoledì c’è Torino – Genoa) e verranno risucchiate nella bagarre. A due giornate dalla fine sarebbe difficile venirne fuori. In bocca a lupo a tutti, anche a chi non se lo merita. E chi capisce capisce.

Juventus vs. Palermo

La verità vi prego sul pallone #26

17 Mar

Io ci ho provato in tutti i modi. Ma la verità è che questo campionato è di una noia pazzesca. Sicuramente non lo è per gli juventini, non me ne vogliano. C’è un dato però che deve far riflettere: siamo in buona compagnia, i quattro principali campionati europei sono già terminati, e siamo solo a Marzo. Barcellona, Manchester United e Bayern Monaco hanno rovesciato le gerarchie dell’anno passato che vide trionfare, rispettivamente, Real Madrid, City e Borussia Dortmund. La Juventus si è invece confermata, legittimando quello che si può già definire un ciclo. La macchina di Conte è oliata alla perfezione, non perde un colpo, non si distrae, supera gli ostacoli con apparente e disarmante facilità. Il Bologna per esempio veniva da quattro risultati utili consecutivi, ma nessuno se n’è accorto. Campionato chiuso, in vetta.

Curioso che ci si trovi a fare questo tipo di bilanci quando in molte città d’Europa (comprese Genova e Torino) nevica e molte partite si giocano su terreni ghiacciati come quello dell’Olimpico di Torino dove sembra che si stia giocando Zenit – Rubin Kazan più che Toro – Lazio. Altrettanto strano che l’unico campionato (tra i grandi del continente) non ancora chiuso sia quello francese, dove tutti si aspettavano che il Paris Saint Germain facesse mambassa di punti e avversari e invece ha finito per specchiarsi su se stesso e sottovalutare più di una partita. Non in Champions, dove la squadra di Ancelotti trova la sua dimensione naturale e sfiderà il Barcellona ai quarti.

Non posso fare a meno di tornare su quanto avvenuto al termine del sorteggio, con Leonardo che chiede alla sua compagna Anna Billiò, inviata Sky, di sposarlo. Dopo tanti pareri attendo quello della mia socia radiofonica Adele Meccariello. Nel frattempo io mi limito a citare Selvaggia Lucarelli: gli uomini come Leonardo non dovrebbero esistere perché poi vuoi uno così, mica gli scialbi che ti mandano la buonanotte su wathsapp. A voi, donne, l’ardua sentenza. Tra il romanticismo, l’esibizionsimo e il maschilismo il confine è spesso sottile. Ma io sono qui per parlare di serie A, mi si dirà.

Ma non è colpa mia se il Napoli torna a vincere e Cavani a segnare dopo 8 partite e fa il gesto della paperella per mettere a tacere le malelingue, ree di averlo accusato di essersi distratto con qualche indigena di troppo. Lui sposato, lui ragazzo casa e chiesa, lui padre di famiglia, non ha gradito molto. Mazzarri se l’è vista brutta, ma porta a casa una vittoria importante più in chiave secondo posto che in ottica scudetto. Anche perché il Milan dimentica subito Barcellona battendo il derelitto Palermo (adesso Zamparini che fa? Cambia il sesto allenatore?) grazie al giocatore che più di tutti è mancato al Camp Nou: Mario Balotelli.

Bene la Fiorentina che non molla un centimetro, benissimo il Catania che si rimette a correre grazie a quel meraviglioso talento che è Gomez: habemus Papu, dovevo dirlo. Mentre scrivo il Toro ha appena battuto la Lazio conquistando praticamente la salvezza. Ora sono curioso di vedere le mosse della società. I numeri dicono che i secondi anni di di Ventura sono molto rischiosi. Certo qui saremmo al terzo, ma non mi sorprenderebbe un cambio tecnico, nonostante l’ottimo lavoro di mister Libidine che finalmente, dopo tanti anni che ci provava, ha potuto contare su Alessio Cerci. Scommessa vinta per entrambi, soprattuto per il talento del vivaio della Roma che approda finalmente in nazionale. Ne parlavo, in questa stessa rubrica, qualche mese fa.

Vince anche la Roma, che raggiunge Inter e Lazio. È vero che i nerazzurri hanno una partita in meno, ma una di loro rischia seriamente di finire il campionato fuori dalla zona Europa. Altro che sogni di gloria. Da sottolineare la tredicesima rete di Lamela. Non conto gli assist, dico solo che il ragazzo ha 21 anni, ed è un campioncino bello e fatto. Complimenti a chi l’ha pescato, ci troviamo di fronte ad uno dei giocatori più forti del calcio europeo, in prospettiva. E non solo. Sono sicuro che nessuno, all’Inter, si è disperato per il rinvio di Genova. Sia lodato il prefetto. La squadra, dopo l’eccezionale rimonta (mancata, di un soffio) di giovedì, era stanca e un po’ triste. Chissà che questo rinvio non sia l’occasione giusta per staccare la spina, dimenticare le delusioni, e ripartire per la volata finale.

Sempre perché siamo a Marzo, ma è come se fossimo a fine campionato, prendo atto che abbiamo già i nomi delle tre squadre che andranno in B. A meno di clamorosi miracoli Siena, Palermo e Pescara saluteranno la serie A a fine stagione. Mi auguro di essere smentito, se non altro perché mancano ancora due mesi. Altrimenti di cosa parliamo io e te, Adele, da qui all’ultima giornata? Di gossip?

20130317-221907.jpg

La verità vi prego sul pallone #23

25 Feb

Nella notte delle creste tornano di moda i capelli lunghi. Quelli di Ezequiel Schelotto, italoargentino che merita l’Oscar per il miglior esordio. Quello nel derby di Milano. Il suo è il gol che non ti aspetti, quello che fa impazzire di gioia la curva nerazzurra: pareggiare con un gol del carneade è sempre una gran soddisfazione in tempi di magra come questi. Questo la dice lunga sulla partita dell’Inter. Nel primo tempo il Milan avrebbe meritato di andare avanti di tre gol. Solo uno strepitoso Handanovic (miglior protagonista) e un po’ di fortuna hanno tenuto a galla Stramaccioni. Poi è scesa la nebbia (strnao copione a Milano) e la partita è cambiata. L’Inter è venuta fuori pian piano, ha preso coraggio, ha sfiorato il gol con Guarin e alla fine l’ha trovato. Un punto che conta poco per la classifica, molto per l’orgoglio. L’Inter chiuderà un’altra stagione senza perdere il derby, acciuffandolo con una rete di un giocatore che a San Siro avevano già etichettato come brocco, a pochi giorni dall’impresa dei rossoneri contro il Barcellona.

Un’impresa che in pochi si aspettavano e che è arrivata senza Balotelli, giocatore che, restando in tema Oscar (visto che è periodo), nel derby vince il premio come miglior comparsa. Forse distratto dalla tensione o dalla voglia di strafare, fatto sta che Mario ha finito per innervosire anche la squadra e nel secondo tempo è stato più dannoso che utile. Niente di grave, solo un piccolissimo incidente di percorso. Darei poco peso ai fischi: un ex come lui, dopo le dichiarazioni d’amore sul Milan, non poteva certo essere accolto con i fiori. Questo non giustifica insulti e cori di nessun tipo, ma a volte si tende a mischiare il razzismo con l’antipatia generata da atteggiamenti da prima donna. E anche questa mi sembra demagogia. Giusto tornare sulla grande impresa di mercoledì: il Milan ha saputo aspettatare, non si è fatto irretire da quella fittissima (e onanistica) serie di passaggi chiamata Tiqui Taca ed ha colpito due volte con la concretezza delle squadre italiane di un tempo. I novanta minuti del Camp Nou, come dicono i catalani, saranno muy largos, ma in fondo un gol del Milan ci può scappare e allora si che il miracolo diventerebbe possibile.

Ammetto di non amare il Tiqui Taca. Nell’educazione sentimentale e calcistica della mia generazione, qualche palla lunga e pedalare in più di certi ricami sono un dna calcistico. Soprattutto per chi ha conosciuto Trapattoni, Mourinho e anche tanto calcio di provincia. E a volte duemila passaggi da due metri non ne valgono uno riuscito da trenta. E poi il calcio è bello anche per l’improvvisazione, l’errore, il caso, il colpo di testa di uno come Schelotto. Nel Barcellona tutto questo non accade. Tutto è perfetto, calcolato, non ci si affida mai al caso, all’improvvisazione. Un esempio clamoroso: siamo al 90′ di Milan – Barcellona e i catalani avrebbero bisogno di un gol per riaprire la doppia sifda. Calcio d’angolo. La metterà in mezzo, penso io. Giocano contro la squadra che ha preso più gol da fermo ed hanno Puyol, Pique, Mascherano. Un golletto di testa ci puà scappare. Invece no. Passaggino all’uomo a due metri, che la ripassa a chi ha battuto il calcio d’angolo. Altra rete di passaggi finche l’arbitro, anche lui in preda ad una crisi nervosa, fischia la fine. Va bene ho esagerato, ma se anche voi non provate simpatia per questo gioco date un’occhiata alla tesi di Michele Dalai e del suo Contro il Tiqui Taca.

Tra Milan e Inter, e la Lazio che giocherà stasera, spunta prepotentemente il Catania. Ne avevamo già parlato. Un lavoro cominciato qualche anno fa con Zenga, proseguito da Mihailovic e Montella e adesso da un magistrale Rolando Maran. Senza dubbi l’allenatore dell’anno. Uno che ci ha messo del tempo ad affermarsi. Ha dovuto subire un esonero ingiusto a Brescia (al suo posto fu chiamato Zeman), parecchie disavventure a Bari e che per rilanciarsi ha scelto la tranquilla Varese dove l’anno scorso stava per sfiorare l’impresa. Con grande professionalità e altrettanta tenacia ha attraversato l’Italia per trasferirsi dalla Lombardia alla Sicilia e abbracciare il progetto più europeo del calcio nostrano: quello di Pulvirenti e del suo laboratorio argentino. Segnatevi questo apputamento: domenica c’è Catania – Inter. Se gli etnei dovessero vincere non potrebbero più nascondere le proprie ambizioni, anche perchè supererebbero i nerazzurri. Peccato che mancherà Legrottaglie che, evidentemente scosso per le dimissioni del Papa, mette le mani adosso all’arbitro e compromette il suo campionato con almeno 4 giornate di squalifica. Conoscendolo si avvederà presto dell’errore e chiederà scusa. Per una Sicilia che ride c’è una Sicilia che piange: ho finito le parole per il Palermo. Terzo esonero e dentro di nuovo Gasperini. Sannino e Malesani hanno collezionato tre partite in due. Se questa è serietà, ditemelo voi.

Al tavolo dello scudetto è il momento di giocarsi tutto. La pressione per il Napoli è enorme. La Juventus fa il suo dovere e anche qualcosa di più. Vincendo una partita non facile e superando un ostacolo scomodissimo: il Siena di Iachini. In più ritrovando Chiellini, fondamentale per la difesa. Conte se la prende con il pubblico, reo di non aiutare la squadra, ma conoscendolo è solo un modo per compattare ancora di più l’ambiente. Il Napoli, prima dello scontro diretto, dovrà battere l’Udinese a domicilio. Non sarà impresa semplice, anzi. In sei giorni ci si gioca tutto, senza appello. Bene la Roma che vince la seconda partita consecutiva. Non era facile e adesso Andreazzoli può lavorare più tranquillo. Il pubblico ha già dimenticato Zeman e i suoi estremismi. Adesso la Roma è una squadra fatta di ottimi giocatori, responsabili delle proprie prestazioni nel bene e nel male. Giocatori di classe che hanno bisogno di un allenatore e di un motivatore, non di un Guru. Nella corsa Champions li terrei in considerazione. Due parole sul Cagliari che vince una partita epica, al 95′, contro il Torino (quando vedremo Cerci in nazionale?) in uno stadio vuoto e senza presidente. I sardi stanno facendo un altro ottimo campionato nonostante le mille difficoltà logistiche. Stadio inagibile, trasferte complesse, Società allo sbando. Sarà l’aria della Sardegna che fa bene ma vi prego ridate il Cagliari alla sua gente. Se la merita.

258219hp2

64) Bari – Milan, 8 giugno 2000 – U Bàr iè fort (?)

6 Feb

Mi piace dare uno sguardo alle vecchie formazioni dei campionati Primavera. Scorrere quei nomi colmi di speranza, ricordare le promesse e le scommesse che avevamo fatto un tempo. Questo diventerà un campione, vedrete. Ne ho viste e sentite tante. Poi puntualmente succedeva qualcosa: un ginocchio malandato, un prestito sbagliato, un’occasione persa. E poi il dimenticatoio. Scorro formazioni intere, almanacchi pieni di nomi e foto per ricordare chi ha mantenuto le promesse e chi è riuscito quantomeno a calcare un campo di una lega professionistica. Poi penso a tutti quelli che invece non ce l’hanno fatta, ad un passo dal sogno, e mi chiedo adesso cosa fanno quei ragazzi della mia stessa età. Un’età che si presta a varie interpretazioni. Giovane per qualcuno, vecchio, irrimediabilmente vecchio, per il calcio. Mi viene in mente la canzone di Francesco De Gregori, quando parla di giocatori tristi che hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro, e adesso ridono dentro un bar. La loro storia non è cronaca calcistica, ma letteratura. E su ognuno di loro, statene certi, si potrebbe scrivere un romanzo. Come fanno certi autori anglosassoni, quelli ai quali mi ispiro.

Accade che in una notte di giugno del 2000 il Bari si giochi la finale di un titolo nazionale. Sì, è davvero lo scudetto e anche se non è quello dei grandi seguiamo con orgoglio, fino alla finale di Misano, le gesta di quei ragazzi che stanno portando il nome della Bari sulle prime pagine dei giornali e in televisione. Un giorno, chissà, potrebbero calcare il terreno del San Nicola e vincere qualcosa di importante. Questo pensiamo. La squadra dei grandi arranca, ma riesce a salvarsi in serie A. Noi però possiamo puntare forte su questi ragazzi che presto faranno parte di un grande progetto di squadra giovanile, stile Ajax o Arsenal (sogniamo). Una squadra che nel triennio 1997 – 2000 conquista in sequenza il trofeo di Viareggio (uno dei più prestigiosi tornei internazionali giovanili), la Coppa Italia, e lo Scudetto. Sempre sotto la guida di Lello Sciannimanico, un allenatore al quale viene pronosticato un futuro da vincente nel calcio che conta. Anche perché in molti, a Bari, non sopportano più Fascetti e non vedono l’ora che venga rimpiazzato da un giovane e rampante allenatore.

Nel Bari manca il talento più grande, il genio assoluto, quello che in una notte di dicembre ha già fatto capire che con i compagni della Primavera non ha davvero molto a che spartire. Si chiama Antonio Cassano, e fa già parte del gruppo della prima squadra. Sciannimanico lo sa e gli risparmia questa finale, approfittandone per dare spazio ad altri due attaccanti. Uno dei due ha già fatto parlare di sé, sempre in quel magico 18 dicembre. Quando una serie incredibile di eventi mise fuori causa tutti gli attaccanti di Fascetti e lo costrinse a schierare due esordienti: il genio di Bari Vecchia e Hugo Chucku Enyinnaya, velocissimo centravanti nigeriano che al primo pallone toccato mandò letteralmente in estasi il San Nicola. Poi svenì per l’emozione. Si presenta alla fase scudetto leggermente in sovrappeso, ma le sue qualità non si discutono. Tocca a Chisena fare coppia con lui. A supportarli Davanzante e Antonio Lafortezza, classe 1982. Per lui il Bari ha già rifiutato somme importanti. Centrale di centrocampo, ama il pressing e la costruzione del gioco. Gli esperti di calcio dicono che assomigli a Ivan De la Pena. Non solo per il suo look ma soprattutto per le movenze e i gesti tecnici.

Da segnalare anche i cugini Anaclerio. Un buon marcatore, Michele e un altro gioiello di casa Matarrese, Luigi. Insieme a Fumai verranno presto aggregati alla prima squadra. Di fronte c’è il Milan. Si parla un gran bene dei due attaccanti Bau e Aliyu, entrambi classe ’82. Chi si intende di campioni dice che saranno il centrocampista Agazzone e l’ala Aubameyang i crack del futuro. Ma in finale non sono presenti. Gioca invece Rabito, 1980, attaccante esterno di grande velocità, già nell’orbita della prima squadra. In pochi parlano di Budel e Donadel, centrocampisti di quantità che rendono difficile la vita dei mediani baresi. Sciannimanico, per arginare il temibile tridente del Milan, corregge l’assetto tattico presentando tre marcatori davanti al gigantesco libero Carrozzieri. Si tratta di Abbrescia, Ingrosso e Antonelli. Oltre all’organizzazione tattica il Bari mette in campo un buon temperamento, grazie al quale argina le velleità rossonere e si crea diverse occasioni da gol sbagliate però dai frettolosi attaccanti. All’ultimo minuto del primo tempo il Bari reclama un calcio di rigore, ma l’arbitro Zambon (interessante anche capire se loro, gli arbitri, hanno mantenuto le promesse) decide di sorvolare.

Secondo tempo: il Bari continua a strapazzare i rossoneri, ma il gol non arriva. Il pubblico neutrale prende però le parti dei ragazzi di Scannimanico. Accade spesso quando non sei una grande. Guardo la partita in sezione, mi scopro teso e tifoso, anche non si tratta della prima squadra. Ce la stanno mettendo tutta, non possono fallire. E poi Chisena e Fumai triangolano bene, strappando anche i sorrisi e gli applausi di Arrigo Sacchi, che siede in tribuna. Cavaliere e Ingrosso lasciano le due squadre in 10 uomini e la partita non si sblocca nonostante l’ingresso di Novembrino e di Abbrescia. Si va ai supplementari con la sensazione che se si volesse davvero bene ai questi ragazzi bisognerebbe evitargli questo supplizio e fargli battere direttamente i rigori. Ma al 7′ minuto il Bari conquista un calcio di punizione. Lafortezza si incarica della battuta. Cross teso verso il centro dell’area dove sbuca la testa di Moris Carrozzieri. Uno che si chiama in quel modo per all’anagrafe di Giulianova non avevano capito che i genitori avrebbero voluto chiamarlo Mourice. E allora Moris svetta più alto di tutti quei ragazzi nel pieno della vitalità di un atleta e batte Musella, fino a quel momento decisivo. Per Sciannimanico e per il Bari è il gol che vale lo scudetto. Per il gigantesco libero di Giulianova l’inizio di una carriera lontano dal San Nicola. Niente Bari per lui, come per un altro centrale che qualche anno prima fu decisivo nel torneo di Viareggio: Nicola Legrottaglie. Ma non posso saperlo, allora. Ci abbracciamo come se avessimo vinto davvero lo scudetto. Mi sento orgoglioso di questo titolo e faccio l’esperto di pallone con i miei amici. Avete visto la finale primavera? Vi dico quattro nomi di ragazzi che diventeranno campioni. Ne avessi azzeccato uno.

Che fine hanno fatto?

Antonio Narciso: squalificato per  1 anno e 4 mesi in seguito al calcioscommesse

Moris Carrozzieri: difensore del Varese (nel 2008 squalificato per un anno per uso di droga)

Giuseppe Ingrosso: difensore Cerignola

Nicola Fumai: centrocampista Liberty Monopoli

Antonio Lafortezza. centrocampista Bisceglie

Hugo Enyinnaya: ultime squadre Lechia Gora, Aziolavino, Meda, Zagarolo

Si ringrazia Giuseppe Balenzano, prezioso archivio storico e grande tifoso del Bari, per le informazioni gentilmente fornite!

E grazie a Nicola Ippolito di Basette Goal per le fotografie d’annata!

Prossima partita: Bari – Alcamo, 16 gennaio 1977

Schermata 02-2456330 alle 11.24.46

426068_10200687136964546_1644580178_n483403_10200687136084524_231171467_n539590_10200687133484459_1284927546_n

542748_10200687136004522_1581137678_n

La verità, vi prego, sul pallone #19

28 Gen

A Napoli non stanno più nella pelle. Il che è molto pericoloso, conoscendo l’ambiente. Mazzarri dovrà lavorare da pompiere da una parte, cercando di non far divampare troppo l’entusiasmo dei tifosi e della città, e da incendiario dall’altra, cercando di approfittare della crisi nervosa che ha colpito (non per la prima volta) Conte e Marotta dopo la partita contro il Genoa. Le polemiche non ci interessano, i veleni meno che mai. Come diceva Vujadin Boskov rigore è quando arbitro fischia. E l’arbitro di Torino non fischia nè in un area, nè nell’altra. Piuttosto mi soffermerei sul fatto che la Juventus produce molto e segna poco. Le punte sono tante e i giocatori che risolvono le partite sono pochi. Anche Vucinic sembra appannato. E stavolta Conte subisce anche il gol dell’ex da Borriello, che non esulta nonostante i fischi (ingenerosi) che i suoi vecchi tifosi gli riservano. Da domani si aggregerà al gruppo il nuovo acquisto Anelka. Dieci anni fa se lo contendeva mezza Europa. Il carattere gli ha giocato brutti scherzi, come quando disse che non avrebbe mai cantato la marsigliese e che nella nazionale francese la colpa veniva scaricata sempre sui neri e mai sui bianchi alla Gourcouff. Ma questo è il passato. Oggi gente come Carlo Ancelotti parla di un grande professionista. Bisognerà valutare la forma di un giocatore che viene dal campionato cinese, non il più competitivo del mondo, ed ha 34 anni, non più 24 come quando aveva un caratteraccio.

Il Napoli si diceva. La vittoria degli azzurri è fondamentale perchè arriva dopo un passo falso (stavolta intero, non mezzo) della Juventus e in un turno che sulla carta sfavoriva la squadra di Mazzarri. Che ha avuto anche la forza di tornare in vantaggio dopo essere stata raggiunta e per di più sul campo dell’unica squadra imbattutta in casa. Confermo le mie impressioni sul Parma ma credo che, al netto della bellissima prestazione di Cavani e compagni, non sia un caso che la prima sconfitta arrivi dopo la cessione di Zaccardo, un giocatore troppo sottovalutato e per molti famoso solo per aver segnato un autogol al Mondiale del 2006. Il Milan, a parer mio, ha fatto un ottimo affare a comprarlo. Donadoni si riorganizzerà, ne sono sicuro. Ora che il Napoli è a meno 3 il più grande errore sarebbe quello di nascondersi. Anche perchè, in questo campionato livellato verso il basso due campioni come Hamsik e Cavani non li ha nessuno.

Lo scontro diretto si gioca al San Paolo tra qualche settimana. La Juve andrà anche a San Siro, all’Olimpico (due volte) e dovrà fronteggiare un febbraio tremendo, con il ritorno della Champions. La Lazio si è suicidata. Prima o poi la striscia positiva doveva interrompersi, succede quando sei in rimonta, certo è che la sconfitta contro il Chievo brucia e adesso si diventa meno credibili a parlare di scudetto. Certo che la Lazio senza Klose è una mezza squadra, e non solo perchè non segna. Nelle ultime 10 giornate è il Milan la squadra che ha fatto meglio. Ad Allegri i miei complimenti. Ha saputo resistere, raddrizzare una squadra allo sbando facendo scelte coraggiose come il sacrificio di Pato e Robinho, ha lanciato dei giovani (Niang su tutti), ha richiesto giocatori utili come Zaccardo e si è rimessa in scia. Non vincerà lo scudetto e forse uscirà agli ottavi di Champions (il Barcellona è troppo forte) ma può arrivare terza e questo sì sarebbe un miracolo da parte di Allegri.

Delude ancora l’Inter. Con un centrocampo senza fantasia e con uno schema solo: aspettare la fiammata di Guarin. Cassano accende la luce a sprazzi e per il resto lo spettacolo lo da il Bari, pardon il Torino, con un Meggiorni strepitoso. La sua cresta è più discreta di quella di El Sharaawi ma il ragazzo farebbe la fortuna di molte squadre con i suoi movimenti. Ventura lo sa bene. La Roma e la Fiorentina fanno a gara a chi perde più occasioni. I viola non possono pensare di arrivare in Champions League senza un centravanti, ma soprattutto senza un portiere. Ma siamo sicuri che Neto sia più affidabile di Viviano? Intanto complimenti al Catania, che arriva a 35 punti e si conferma un laboratorio interessantissimo di squadra europea, non solo italiana. Una squadra che cambia allenatori, giocatori, addirittura DS (pochi si sono accorti che Lo Monaco è andato via) ma mantiene un’identità fortissima. Il merito è di Pulvirenti e di alcuni dirigenti che lavorano nell’ombra per portare in Sicilia giocatori come Gomez e Castro e rigenerare vecchi marpioni come Legrottaglie. A loro la mia copertina. Meritata.

Stupisce ancora Icardi. Il giovanissimo attaccante della Sampdoria segna 4 gol ed entro un paio di settimane deciderà se giocare nella nazionale argentina o in quella italiana. Una cosa è certa: ci troviamo di fronte ad un talento vero, purissimo. Pare sia anche un ragazzo con la testa sulle spalle, nonostante i 19 anni. E difficilmente resterà a Genova un altro anno. Chiudiamo con una parentesi sul calcio internazionale. Ogni domenica un dirigente del Galatasary si sveglia e compra un top player. Oggi è il turno di Drogba. Lo voleva la Juve, lo voleva il Milan, e alla fine è andato in Turchia. A Istanbul sognano in grande. Credo sia lo specchio di una nuova economia. Chi l’avrebbe mai detto.

L'esultanza di Legrottaglie

L’esultanza di Legrottaglie

La verità, vi prego, sul pallone #18

21 Gen

La crisi aguzza l’ingegno. E se permettete aiuta i talenti. In passato succedeva negli altri campionati d’Europa, Inghilterra e Germania in primis. In Italia no. Perchè qui i giocatori dovevano essere pronti, maturi e arrivati. E i giovani erano costretti ad aspettare il loro momento in panchina o andare in prestito in provincia. La morale è che la fuga dei campioni ha permesso di scoprire nuove preziose risorse. Non tutto il male viene per nuocere. Basta rendersi conto della nuova dimensione. Quello italiano è un campionato come tanti. Non fa più notizia che un irascibile genio svedese vada a giocare in Francia o che un talentuoso quanto capriccioso olandese trovi il suo nuovo Eden in Turchia, a Istanbul. Ci tornerò.

Quello che è certo è che giocatori come Pogba, Nyang, lo stesso Benassi e Livaja, hanno una grandissima possibilità di mettersi in luce. Il potente centrocampista della Juventus ha già incantato tutti. I suoi due gol (incredibile il primo) spaccano la partita contro l’Udinese e forse il campionato. Nell’eterno inseguimento tra anti-juve che ci guadagna, a domeniche alterne, è sempre la Juve. Certo nessuno si aspettava questo impatto sul campionato da parte di cresta gialla Pogba, un giocatore abilmente strappato dalle grinfie del Manchester United e che adesso può davvero rapprensentare il futuro della Juventus. Di certo, il futuro, lo rappresenta Nyang per il Milan. Il ragazzo ha stoffa, numeri e personalità. Al netto dell’incredibilie episiodio della guida senza patente con relativa bugia alla pattuglia sulla sua identità (disse di essere Traorè), giova ricordare che l’attaccante senegalese ha solo 18 anni. Una cosa è certa: oggi quel poliziotto lo riconoscerebbe subito. Poco non è.

Si è parlato di lui, si è parlato di El Sharaawi eppure al Milan si continua a vociferare di un possibile arrivo di Kakà e Balotelli. Considerato che non potrebbero neanche giocare in Champions, il mio parere, romanticismi e dispettisimi a parte, è un secco no. Tanto vale puntare sui due neomaggiorenni e su Pazzini che, comunque, i suoi gol li fa sempre. Sono già 10, zitto zitto. Sommati ai 14 del piccolo faraone, siamo a 24. Sicuri che i rinforzi del Milan vadano ricercati in attacco?

A Roma va in scena una bella partita, soprattutto nel primo tempo. Tra due squadre che difficilmente potranno dire la loro per la corsa scudetto. Peccato. La Roma ha fatto un punto nelle ultime tre partite. Io credo chei giallorossi siano migliori della loro classifica, ma tant’è. L’Inter di stasera non aveva molto da dire. Priva di mezza squadra, ha fatto quasi tenerezza la grinta con la quale Guarin, in pieno stile Fuga per la Vittoria, ha provato a giocare da solo. Lasciatemi spendere una parola per Livaja, altro giovane interessantissimo. La naturalezza con la quale mette il pallone a terra è pari alla sua confidenza con i pali della porta. Il tempo di aggiustare la mira e avremo un bell’attaccante. Pochino, per l’Inter. Vedendo la partita pensavo che solo tre anni fa questa squadra vinceva tutto, e faceva tremare il mondo. Sono passate 2 stagioni e mezzo, 5 allenatori e troppi calciatori, per completare quello che, a memoria, mi pare uno dei più grandi ridimensionamenti della storia recente del calcio. E questo la dice lunga sulla gestione che ha portato a quei successi. Debiti, plusvalenze, ricapitalizzazioni. Forse ne valeva la pena, ma questo è il prezzo da pagare. E sarà un mutuo piuttosto lungo.

Si chiude la vicenda Snajider con reciproca soddisfazione. L’olandese parla già come se avesse coronato il sogno della sua vita (in fondo ci ha messo solo 20 giorni a decidere) e l’Inter si è tolta un peso, soprattutto dal libro paga. Sette milioni e mezzo non sono tantissimi, anzi. Sono la cifra che chiede l’Atalanta per Schelotto. A voi le considerazioni, ed evito battute sui 33 milioni spesi un tempo per Quaresma. La geografia del calcio è cambiata, si diceva. Il Galatasaray rappresenta un economia in crescita (la Turchia), una città di 20.000 abitanti e una squadra che giocherà gli ottavi di Champions. Non esattamente gli ultimi arrivati. Ci andrei piano con le ironie. Una la faccio io: più che l’olandese ci mancheranno la moglie Yolanthe e i suoi tweet. In settimana Guardiola, l’allenatore più corteggiato del mondo, ha firmato con il Bayern Monaco. Anche qui conta un dato: i bavaresi sono un azienda in attivo. Non ho detto con i bilanci a posto, ho detto in attivo. E se loro parlano di progetto, lo fanno a ragion veduta. Tornando in Italia, da segnalare un nuovo esonero. Era nell’aria quello di Del Neri. Fatto sta che Preziosi raggiunge quota 3 allenatori seguito da Zamaparini e Cellino a 2. Nulla di nuovo sotto il sole e non mi sorprenderei di dover aggiornare la classifica a breve. Più che giochi Preziosi, giochi masochisti.

Ho già detto del Parma, non ho detto di quanto è forte Belfodil. Avrò tempo e modo in futuro, non ne ho dubbi. Una menzione per il Torino, che vince a Pescara con una squadra che ricalca per 6 undicesimi (7 con l’allenatore) quella del Bari di 2 anni fa. Anche qui sembra passato un secolo, invece sono proprio loro, Barreto, Meggiorini, Glik, Gillet e compagnia bella che in serie A ci stanno benissimo. Magari con un Almiron e un Donati in più. Qualcuno, un giorno, dovrà dirci davvero chi ha rotto quel giocattolo e perchè. E come dicono i ragazzi di Non Cresce l’Erba, ce lo dovranno dire in faccia. Vero Danilo?

L'olandese è già arrivato nella sede del club Turco (foto ufficiale Galatasaray FC)

L’olandese è già arrivato nella sede del club Turco (foto ufficiale Galatasaray FC)

Centocinque anni e sentirli. Auguri AS Bari.

15 Gen

Oggi, 15 gennaio 2013, la Bari compie 105 anni

A 105 anni è difficile farsi trovare in forma. E infatti, cara Bari, i tuoi acciacchi si vedono tutti. Di botte ne hai prese, e tante. Alcune te le sei cercate, altre non te le meritavi proprio, ma che ci vuoi fare, è la vita. Strano il destino. Questo tuo compleanno arriva due giorni dopo Ladri di calcio, il bel servizio di Presa Diretta. Una vergogna nazionale. Di cosa dobbiamo parlare? Ancora di calcio scommesse? Di Masiello? Di Marco Rossi? Vogliamo chiederci se Gillet e Ventura c’entrano davvero o sono semplicemente due tesserati che avevano capito che c’era un’aria strana e se ne sono lavati le mani? Sinceramente non mi interessa. Nessuno di loro veste più la maglia biancorossa e al loro posto ci sono dei ragazzi che si stanno dannando l’anima per raggiungere la salvezza in B. Una magra consolazione per chi si è abituato ad altri scenari. I tuoi 105 anni sono stati travagliati, con alti (pochi) e bassi (molti). Ti hanno definito la squadra ascensore e sono proprio i numeri a testimoniarlo. Nella classifica generale delle 60 squadre che hanno partecipato almeno una volta al campionato di serie A saresti la 18esima in classifica. Niente da tramandare ai posteri, ma nemmeno un risultato così scandaloso. In fondo ci siamo anche divertiti. Quella volta che Cassano mise a sedere Blanc e Panucci abbiamo pensato di aver raggiunto l’estasi. E spesso ci è capitato di pensare che la gloria era lì, a portata di mano. Un altro sforzo ed è fatta, e poi pluff. Un buco nell’acqua. L’esperienza ci ha trasmesso il vizio della rassegnazione. Poche tifoserie come la nostra possono contare su una dose così alta. Quando tutto va per il meglio il vero tifoso del Bari non riesce a godersi quella gioia perchè sa che, in fondo, si tratta solo di una gioia passeggera. E la squadra che ferma due volte Mourinho nell’anno del triplete e l’anno dopo inizia il campionato battendo la Juventus può sciogliersi come neve al sole e retrocedere nella più infame delle maniere. Rinunciando a lottare, alla dignità, vendendosi un derby. Ma lasciamo perdere queste storie. In fondo, cara Bari, non è solo un problema di ambizioni. Ci siamo divertiti anche in provincia, come mi racconta spesso il mio amico Leonardo Losito. Che ama ricordare la partite più assurde, tipo quella contro l’Alcamo (che presto vi racconterò). E io porto ancora dentro i sessantamila spettatori di Bari – Castel di Sangro, e quella rimonta eccezionale fino al pareggio di Foggia. Ti vedo un po’ stanca, cara AS Bari, ferita. Stufa di giocare in uno stadio vuoto, con delle crepe che puntualmente emergono quando le cose vanno male. Eppure ti ricordi quanto era bello quando cantavamo tutti assieme Bari grande amore prima della partita contro l’Empoli. Mica è passata un vita, ma siamo di nuovo qui a perdere generazioni di tifosi che andranno a giocare per strada con la maglia di una squadra del nord. L’amore è un’altra cosa, ma va alimentato. E qui non si vedono, al sabato pomeriggio, ragazzi con le sciarpe al collo in giro per i bar. Bambini con la maglia dei loro idoli, cagnolini vestiti a festa. Quella festa che ci faceva andare le braciole e le zeppole di traverso perchè se arrivavi tardi non trovavi parcheggio. E si giocava con l’Ancona, il Messina, il Cosenza, mica sempre contro il Milan. Tutto sommato non si vedono neanche tanti idoli. Mica chiediamo tanto, noi tifosi. Solo giocatori attaccati alla maglia, come Martino Borghese, che è appena stato ceduto. Di giocatori così ci innamoriamo e se hanno anche talento, come Protti, Maiellaro, Joao Paulo, Franco Mancini, li portiamo nel cuore per sempre. Ora io non so cosa augurarti per questo compleanno. Non ce l’ho particolarmente con chi ti gestisce da un terzo della tua esistenza. Con Vincenzo Matarrese, in 36 anni, sono arrivate anche tante soddisfazioni, ed è giusto sottolinearlo. Io l’ho definita una dittatura illuminata la sua. Ma pur sempre una dittatura. Avrei potuto dire egemonia, ma 36 anni sono troppi, anche per il più democratico dei governi. Non so se c’è qualcuno disposto a investire su un’azienda in perdita, ne sono io la persona adatta a fare appelli di questo tipo. Ciò che è certo è che un compleanno, anche a 105 anni, deve essere l’occasione per guardare avanti, non sempre per guardare indietro. Che per quello basta e avanza U Bar iè fort. Forza Bari. (Sempre).

Se preferisci il podcast puoi ascoltare la puntata di oggi di Forse non tutti sanno che su Controradio! Potrai sentire i miei auguri radiofonici al Bari.

Balliamoci su, è meglio.

I giocatori del Bari 2012/13 ballano il pezzo del momento.

I giocatori del Bari 2012/13 ballano il pezzo del momento.

 

Chi paga il biglietto non ha sempre ragione

4 Gen

Storie di razzismo e ignoranza. Quando il calcio diventa un brutto affare

Partiamo da un assunto che farà incazzare parecchi. Io non sono tra quelli che sostengono che “Chi paga il biglietto è libero di fare quello che gli pare“. La democrazia è una bella cosa, l’educazione altrettanto, e questo non vale soltanto quando di mezzo ci sono temi scottanti come il razzismo. Mi dà fastidio che gli stadi vengano da sempre considerati un porto franco. Se è per questo pago il biglietto anche al cinema. Eppure spengo il telefono, parlo sottovoce se proprio devo e cerco di non soffiare dentro la Coca Cola per fare le bollicine (cosa che mi piacerebbe tantissimo fare, ma tant’è).

Non vorrei arrivare a citare il teatro, mi limito all’esempio del tennis dove ogni tanto l’arbitro mi chiede di tacere. E io obbedisco. Ho assistito ad una partita di Nba in America (la parentesi serve a farvi pensare che si tratta del continente dove ogni tanto qualche ragazzo fa strage di bambini nelle scuole. Fatto? Ok, andiamo avanti). La gente si diverte, urla, strepita, ma sempre con il massimo rispetto. Il disappunto non sfocia mai nell’insulto e chi esagera viene deriso dagli altri spettatori. Una volta Lapo Elkann, seduto a bordo campo a Los Angeles, ebbe la geniale idea di raccogliere un pallone ancora giocabile. Lo guardarono con grande compassione.

Mi avvalgo di cotanta premessa per dire la mia su quanto successo ieri a Busto Arsizio. Eviterò commenti scontati. Ovvio che Boateng faccia bene ad andare via. Ovvio che il Milan dimostri solidarietà verso il gesto del compagno, altrettanto ovvio che si tratta di un’amichevole ed è tutto molto semplice. Detto questo. La bella cittadina di Busto Arsizio, a causa di qualche imbecille (1? 10? 50?) ha fatto una figura di merda senza mezzi termini. Ci vorrà molto tempo a levarsi di dosso l’etichetta di città razzista, e questo grazie a qualche genio che non aveva di meglio da fare ieri. Ancor di più dopo le confuse dichiarazioni del Sindaco parecchio confuso nel giudicare l’accaduto. Sarei falso se dicessi che queste cose accadono o sono accadute solo nelle terre padane. Ricordo che da bambino, al San Nicola di Bari (città che notoriamente, come il proprio patrono, ama i forestieri), “simpatici ululati scimmieschi” nei confronti di George Weah. La cosa a dir poco comica era che nella stessa partita Masinga (sudafricano del Bari) veniva osannato dalla folla. Anche per questo non sono d’accordo con Michele Serra (che stimo tantissimo) nè quando dice che il capitano del Milan è Albertini (capita), nè quando afferma che il gesto di Boateng può costituire un precedente. In realtà di precedenti ce ne sono già tanti (alcuni molto vintage come leggerete nell’articolo se vi verrà voglia di proseguire), quello che manca è una netta presa di posizione della società civile, delle istituzioni, delle associazioni (Figc in primis).

Fece scalpore qualche anno fa (nel 2005) un altro episodio avvenuto a Messina. Allora fu Mark Zoro, difensore ivoriano dei siciliani, a prendere il pallone in mano al 25′ del secondo tempo e chiedere all’arbitro di sospendere la partita dal momento che i tifosi dell’Inter non smettevano di insultarlo. Dopo qualche minuto i giocatori convinsero Zoro a restare in campo e la partita terminò regolarmente. Restando in casa Inter diventa più difficile valutare i continui insulti contro Balotelli. Reo di essere italiano nonostante le sue origini, ma soprattutto reo di avere atteggiamenti poco simpatici nei confronti di chiunque: compagni, avversari, pubblico. Di certo nessuno lo ha aiutato visto che la sua bella dose di fischi ha iniziato a prenderseli a 17 anni. Mentre a 18 c’era già qualcuno che gli cantava “Se saltelli muore Balotelli“. Non proprio un’adolescenza facile insomma. E comunque razzismo o meno, quel coro mi ha sempre fatto schifo. Come l’usanza di augurare la morte a qualcuno.

Passò quasi inosservato un altro grande gesto del giocatore del Perugia Coly. Subissato di fischi dall’inizio alla fine dai tifosi del Verona, il 13 maggio del 2005, il giocatore aspetta la fine della gara per togliersi la maglia, battersi la mano sul petto con orgoglio, baciare il suo braccialetto antirazzista e fare allo stadio il gesto della vittoria. Il campo del Verona fu squalificato per un turno. Restando in terra scaligera non tutti sanno che nel 1996 il presidente Mazzi aveva acquistato l’olandese Ferrier che sarebbe stato il primo giocatore di colore a vestire la maglia gialloblu. Due simpatici striscioni “Negro go away” e  “Il nero ve lo hanno regalato, mandatelo a pulire lo stadio” (in dialetto) invitarono la Società a temporeggiare. Quando Ferrier arrivò per le visite mediche emersero presunti problemi fisici (si parlò di una malformazione cardiaca), che impedirono il tesseramento del difensore. Tralascio i fischi alla memoria di Morosini. Non meritano commenti.

Nella civilissima Udine (oggi modello di integrazione, sportiva e non) accadde qualcosa di molto grave nel 1989. L’Udinese acquistò il centravanti israeliano Ronny Rosenthal. I “tifosi” accolsero il giocatore con simpatiche scritte sui muri del tipo “Juden Rauss, niente ebrei in squadra“. Anche quella volta, senza troppi giri di parole, la dirigenza accettò il ricatto dei tifosi e durante le visite mediche emersero strani problemi alla schiena che fecero saltare l’affare. Rosenthal si accordò con il Liverpool dove divenne un idolo, segnando a raffica, in barba a chi gli aveva diagnosticato le vertebre storte. Potrei continuare a lungo con questa casistica ma preferisco chiudere con due episodi più romantici. Nel Giugno del ’68 durante un’amichevole tra l’Alessandria e il Santos Pelè si prese la sua bella dose di insulti. O Rey andò a prendersi palla come sapeva fare meglio (con i piedi), dribblò gli avversari ad uno ad uno e andò a fare gol. Poi andò via. Sono passati più di 40 anni, eppure qualcuno è ancora costretto a fare la stessa cosa. Finchè gli stadi resteranno una zona franca, dove tutto è lecito, continueremo ad assistere a ululati razzisti, sputi all’assistente, “devi morire” all’avversario infortunato, minacce di vario genere all’arbitro e troppe altre cose. Compresi i fischi ad un certo Paolo Maldini, reo di non aver mai patteggiato con la curva, durante la sua partita d’addio contro la Fiorentina. Quella volta il Milan non andò via. Ma avrebbe fatto bene a farlo. Chi paga il biglietto non ha sempre ragione. 

paolo_maldini_verso_tifosi_san_siro

La verità, vi prego, sul pallone #15

17 Dic

La notizia è che la Juventus è campione di inverno. E questo titolo è molto meno simbolico di quello che sembra. Nel 90% dei casi, la statistica dice che chi conquista questo traguardo (a dicembre) a maggio è campione d’Italia. Non vedo come il campionato 2012-2013 possa sfuggire a questa regola. Non tanto per lo strapotere bianconero. Anche oggi la Juventus ha trasformato una partita insidiosa (l’Atalanta aveva battuto il Napoli e l’Inter) in una passeggiata. E questo riesce solo alle grandi squadre. Quelle che nell’arco di un girone dimostrano una continuità spaventosa. E dopo un passo falso vincono tre partite consecutive. Rispetto all’anno scorso la Juventus ha perso due partite (contro zero) ma in compenso ha pareggiato molto meno e adesso si trova a gestire un vantaggio importantissimo su inseguitrici che non ci sono. Infatti è questa, più dei gol di Vucinic, Pirlo (che punizione la sua) e Marchisio (sempre più decisivo) la vera notizia.

Dietro la Juventus c’è il vuoto. Napoli, Inter e Lazio, rispettivamente distanti 8 e 9 punti alternano domeniche di gloria a scivoloni improvvisi, dandosi il cambio al secondo posto e favorendo la fuga di chi sta davanti. Oggi è toccato al Napoli, alla seconda sconfitta consecutiva. Ma se perdere a San Siro contro l’Inter ci sta, non si può dire la stessa cosa dopo la sconfitta in casa contro il Bologna. Anche se quello del San Paolo è stato un ottimo Bologna, ben messo in campo da Pioli e con un grande Portanova. Si è parlato poco di lui in questi mesi, eppure ha avuto la stessa squalifica di Conte.

Certo che se si considera fuori dai giochi la seconda, non vedo chi possa dare filo da torcere alla capolista. Forse non l’Inter. Anche la squadra si Stramaccioni alterna prestazioni convincenti ad altre abuliche. Non è il caso della partita dell’Olimpico ma gli almanacchi raccontano un’altra sconfitta. All’inizio dell’anno soffriva in casa e dominava in trasferta. Adesso accade l’esatto contrario e con quella di Roma le sconfitte di fila, fuori casa, sono quattro. Inizia a sentirsi l’assenza di chi potrebbe illuminare il gioco, a volte prevedibile, dei nerazzurri. Moratti e Branca devono decidere cosa fare. O Sneijider rientra (magari senza twitter), oppure si vende e si sostituisce. Bene la Lazio, ma i punti dicono che anche i biancocelesti sono una squadra altalenante. Più solida di Napoli e Inter ma comunque poco costante. La vittoria di sabato è figlia di una prestazione tenace e di un Klose maestoso. Se la Lazio dovesse arrivare sopra il Napoli e l’Inter non mi sorprenderei.

Di più non scommetterei. Il resto della giornata racconta un’altra bella vittoria del Milan. Allegri sta bene, la squadra anche. I rossoneri mi ricordano molto l’Inter dello scorso anno che scalò diverse posizioni prima di arenarnsi per lo sforzo di quella rimonta. Ovviamente i milanisti sono liberi di toccare ferro. E comunqe questo Milan ha dei giovani interessantissimi e una prospettiva rosea. Tutto sta ad aver pazienza e non illudersi che sia questo l’anno della rivincita. La Roma inciampa sul più bello. Un po’ su dei rigori reclamati (e chi li ha visti?), un pò sulla nebbia e alla fine torna da Verona con le classiche pive nel sacco. Torna alla vittoria la Fiorentina con un Toni che sembra davvero tornato quello dei tempi belli e un Pizzaro che segna e dedica il gol alla sorella scomparsa da poco. A parte i facili romanticismi credo sia lui il segreto del bel giocattolo di Montella. Un giocatore che sa dettare i tempi come pochi e che, a mio parere, non è mai stato valorizzato quanto avrebbe meritato. La sconfitta del Siena costa la panchina a Cosmi. Un allenatore che io stimo tantissimo. In bocca a lupo.

Momento difficile per molti portieri. Avevamo parlato di Viviano che infatti nel derby contro il Siena si è accomodato in panchina. A Roma Zeman ha ormai scelto Goicoechea al posto del vice campione del mondo Stekelenburg. La società non è felicissima, ma si adegua. Pare che l’uruguaiano sappia comandare meglio la difesa e a Zeman non interessa quanto guadagnano i suoi giocatori (altrimenti De Rossi sarebbe titolare sempre). Non se la passa bene neanche Gillet a Torino. Fonti certe mi riferiscono che la società è a caccia di un sostituto. A questo punto l’ex portiere del Bari potrebbe tornare in Belgio, o chissà. Mi affaccio un attimo in serie B per segnalrvi che a Cesena segna l’ottavo gol consecutivo un certo Davide Succi. Uno degli attaccanti italiani più prolifici, quando giocano. Se non l’avessero penalizzato svariati infortuni avrebbe fatto tutt’altra carriera. Ieri mattina si è giocata anche la finale di Coppa del mondo per Club. Il Chealsea di Benitez ha perso contro i brasiliani del Chorintians, squadra di Paulinho. Il titolo torna in Sudamerica dopo 6 anni. E Materazzi si toglie un bel sassolino dalla scarpa. Il suo tweet dopo la gara parla più di mille parole. Fortuna che a Materazzi Twitter non possono toglierlo.

67784_10151177172721818_297825743_n

La verità, vi prego, sul pallone #13

3 Dic

Una squadra è grande quando sa mettersi alle spalle prestazioni negative e sconfitte. Una squadra è matura quando è continua e sa di esserlo. Ecco la differenza tra questa Juventus e le altre. Due partite perse, le più antipatiche, quelle che nessun tifoso vorrebbe perdere, e nessuna conseguenza sulla classifica e sul morale. Anzi. Ne fa le spese stavolta il malcapitato Torino che si mette l’abito ormai sdrucito del derby e viene letteralmente demolito, nonostante i buoni propositi di Ventura. A tal proposito, quello della Mole è un derby che ha ormai perso il fascino di una volta. La statistica dice che in qualunque piazza vincitori e vinti si sono sempre alternati, chi più chi meno, nonostante i disequilibri economici e sportivi. Anche negli anni dello straripante Manchester United lo sfigatissimo City (prima dell’avvento degli sceicchi) portava a casa qualche vittoria. E lo stesso accadeva a Liverpool con l’Everton, a Madrid con l’Atletico e persino a Barcelona con l’Espanyol. A Roma, Milano e Genova non esiste un favorito, a Torino sì: lo dicono i numeri. Inquietante quello relativo all’ultima vittoria del Toro. Era il 25 gennaio del 1995. Una doppietta di Rizzitelli e una rete di Angloma a 4 minuti dalla fine regalarono la stracittadina ai granata. Sono passati quasi 18 anni, un’eternità. A memoria credo che in nessuna città d’Europa accada qualcosa del genere. Sulla partita (l’ultima in campionato con Conte chiuso nella ghiacciaia) c’è poco da dire. Una pratica sbrigata facilmente grazie ad una prova maestosa di quel grandissimo giocatore che è diventato, o forse è sempre stato, Marchisio. Adesso la Juve si prepara alla trasferta di Donestk dove basterà un pareggio per andare avanti in Champions. Ci sperano tutti, comprese le inseguitrici. In fondo i due stop bianconeri sono arrivati a cavallo tra gli impegni europei e Napoli e Inter non hanno la Champions. I partenopei distruggono il Pescara (ora sì che la situazione degli abruzzesi è delicata) e si preparano ad un’importantissimo esame di maturita domenica a San Siro contro l’Inter. La mia impressiona è che al Napoli manchi solo un po’ di convinzione e qualche lampo di imprevedibilità, soprattutto nelle partite difficili da sbloccare. Ma quella la dava Lavezzi che non c’è più. A proposito di derby, un’annotazione va fatta. Napoli è l’unica grandissima città Europea che ha una sola squadra. Questo vuol dire che tutta la città, tutto il bacino di tifosi, è dalla sua parte. E allora se c’è una società solida, un allenatore bravo (peccato per quella confessione sull’anno sabbatico), un centravanti eccezionale e una tifoseria inimitabile perchè dovrebbe essere vietato sognare? Ce lo dirà appunto lo scontro con l’Inter. Da bene bene a male male (finora aveva alternato belle prestazioni ad altre sciagurate) l’Inter di oggi è stata una squadra da benino. Un golletto su autogol (sembra quasi uno schema, dopo quella del Cagliari) e tre punti che le consentono di restare aggrappata al treno. La partita non è stata indimenticabile e c’è da dire che Cassano si vede soprattutto quando manca. L’Inter vince la partita quando escono Zanetti, Milito e Cambiasso, tre mostri sacri. Coraggiosa la scelta di Stramaccioni, ripagata più dalla fortuna che dalla sagacia. Ma a livello psicologico mi è sembrata la mossa giusta. La Lazio merita una citazione particolare. Per solidità e concretezza la vedo meglio della Fiorentina che la precede. I viola sono più spettacolari ma i biancocelesti hanno Klose che segna con una regolarità impressionante e tiene in apprensione le difese avversarie per novanta minuti. Credo che sia uno dei 5 giocatori di questo campionato in grado di fare davvero la differenza. A voi indovinare chi sono gli altri. La Roma avanza, terza vittoria di fila e squadra che iniza ad avera una propria identità. Zeman, al secondo gol, si lascia andare persino ad una timida esultanza, e sono notizie. Esulta anche Destro, finalmente un ex che non si fa scrupoli. E questo ragazzo, ancora giovanissimo, inizia a lanciare segnali importanti al calcio italiano. Non è l’unico. El Shaarawi in questo momento è uno dei giovani attaccanti più promettenti d’Europa. Il Milan se lo goda. Questo non è e non sarà un campionato indimenticabile ma il piccolo faraone sarà il crack del futuro. E se davvero dovesse arrivare Balotelli a gennaio si potrebbero mettere le basi per una rinascita made in italy. La new italy, quella multiculturale, multirazziale e talentuosa. Come quei due. Talentuosa come un altro ragazzo al quale dedico la mia copertina. Si chiama Alberto Paloschi ed è l’attaccante del Chievo di Corini che sotterra il suo maestro Del Neri. Alberto ha già tanti infortuni alle spalle. Al Milan dicevano che era il nuovo Inzaghi, poi si è un po’ perso o semplicemente sono cambiate le mode. L’ultima era quella dell’attaccante muscolare, che si mette al servizio della squadra e fa reparto da solo. Paloschi ha però una dote che nel calcio fa ancora la differenza. Fa gol. E vede la porta come pochi. Tre solo oggi e pallone a casa. Ha solo 22 anni e tanti gol ancora davanti. A livello di nazionale, con queste premesse, siamo messi bene. La stoffa c’è. Adesso bisogna essere bravi a tesserla.

alberto paloschi

alberto paloschi